Dunque vediamo: il lavoro è ripreso (da mo); una rassettata alla casetta (più o meno) l’abbiamo data; al cambio stagione dell’armadio non ci si pensa nemmeno lontanamente (necessita di preparazione psicofisica a parte) ma in compenso almeno costumi, pareo, vestarelle leggere e ciriciolesvolazzanti le abbiamo lavate e messe via (sigh!); l’abbonamento annuale del treno con relativo salasso ce lo siamo assicurato, cos’altro rimane da fare per riprendere il tran tran quotidiano?
Ecco, forse adattarsi.
E poi pure un po’ sovvertire le abitudini, introdurre qualche nuovo particolare, darsi una mossa, per esempio, per inserire, nel fuggi fuggi giornaliero, pure quell’oretta di ginnastica posturale prescritta da una vita e sempre rimandata.
Ma è ora di dire basta! E pure ora di affrontarla, o la mia schiena si vendicherà.
È con questo spirito di immolazione alla causa e abnegazione assoluta che, mercoledì scorso, sono andata a iscrivermi in palestra. Anzi a segnarmici.
Tanto per essere ligi ai buoni propositi con cui ogni volta ricomincia l’anno accademico (della mia vita, che come quello all’università, non parte da gennaio ma da settembre e precisamente dalla seconda metà di questo mese considerato che la prima è perlopiù dedicata ai vagabondaggi vacanzieri ).
Allora niente, (almeno l’iscrizione) è fatta, me so’ buttata, ho iniziato la mia bella ginnastica posturale con buona pace dello yoga almeno per quest’anno.
Perché s’ha da fa’ e non ce so’ santi.
La cosa poi, in tutta onestà, non è nemmeno tanto male: pensavo si procedesse a rilento (come la ripresa delle mie attività, fisiche e cerebrali, post vacanze) e invece si suda e si fatica di brutto.
E non è tanto simpatico vedersi adocchiare con ghigno sardonico e strafottente dalle altre due partecipanti al corso in questione (sì siamo solo in tre….e chi è quel pazzo che un giorno sì e uno no, per 3 volte alla settimana a metà mattina se ne sta un’ora e passa a farsi allungare muscoli e stirare vertebre da un terapista-istruttore che ti urla nelle orecchie manco fossimo al corso di ardimento dei Marines?).
Le quali tizie hanno precisamente 68 e 79 anni.
E procedono baldanzose per la loro strada, con “gambe leggermente piegate, mento al petto, braccia sollevate a croce, respirando con la pancia e tenendo le spalle basse” mentre la sottoscritta miserella già solo per memorizzare e poi coordinare tutte quante queste azioni insieme (ricacciando dentro, al contempo, la naturale riluttanza con cui mi appresto ogni volta al sacrificio…) si incarta e rischia, a ogni movimento, di perdere l’equilibrio rovinando poco elegantemente sul tatami immacolato.
Allora mentre cerco di darmi un contegno e sudo e fatico, provo anche astrarmi dalla durissima realtà pensando (tanto pe fa’ na cosa nova) alla savana, agli animali, alla loro agilità, alla respirazione (yogica) del gatto, che massaggia tutta la schiena senza tutta quella sequela imposta di tira di qua, allunga di là.
Il tutto sempre mentre le due arzille nonnette se la ridono e si sentono rinfrancate dalla mia rigidità di appena quarantenne.
Fracica, con ogni evidenza, ma pur sempre (almeno anagraficamente) più giovane.
Prendi esempio, ciccia! - Paiono dirmi a ogni occhiata di sbieco.
Guarda come se fa, pivella anchilosata! - Sembrano commentare a ogni mia intorcigliatissima mossa.
Ma non ero quella che pratica yoga da 10 anni? Sì ma è diverso.
Qui gioca anche la componente resistenza mentale (perchè perchè perché mi trovo qui anziché seduta – tutta storta sì!- davanti al computer a commentare blog e scrivere qualcosa sul mio?!).
Riluttanza fisica (oddio me scricchiola tutto).
Voja de scappà.
E, ignorando mente, corpo, nonnette circostanti più che posso, cerco di trarre energia da qualche confortante visualizzazione: il balzo agile di una scimmia, la corsa elegante di una gazzella, i movimenti fluidi di un leone….ma la mia mentre proprio non ce la fa e in un attimo tutto quello che mi si para davanti nella visualizzazione, nonostante tutta la concentrazione di questo mondo, sono solo:
un bradipo che ronfa beato sulla cima si un albero,
un leopardo che sbadiglia pigro e annoiato sulla riva di un fiume,
un kudu che si stiracchia dolcemente sul limitare di un bosco,
lo scorrere placido e lentissimo di un fiume….
ma soprattutto lui:
il mio letto, il mio cuscino e le coperte che pure questa mattina al suono della sveglia non avrei mai, mai voluto abbandonare!
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Quattro ingredienti, due mosse, niente fornelli.
Abbiamo assaggiato questo dolce delizioso in una delle Guest House sudafricane (Acra Retreat), preparato dalla cuoca Veronique.
Tutta la cena è stata superlativa (vellutata di zucca con panna acida, costolette di agnello, carote al burro), ma il dolce ci è rimasto nel cuore tanto da chiederne subito la ricetta.
Il problema era trovare la gelatina in polvere in Italia: pensare di sostituirla con pari quantità di quella in fogli mi pareva assurdo, visto che avrei dovuto metterne 10 bustine per raggiungere il peso indicato!! Ovvio che le due abbiano rese diverse, quindi non mi sono proprio arrischiata nell’impresa. Per fortuna, almeno per chi è di Roma e dintorni, ci pensa il solito Castroni: ne ha di tutti i gusti a 1,20€ (scatolette da 75 gr) e quindi già che c’ero l’ho presa anche ai frutti di bosco e all’arancia per future sperimentazioni (pigrizia permettendo)…
Sul posto ci è stato servito tagliato a quadretti e accompagnato da una pallina di gelato alla vaniglia e una spruzzata di panna montata. A casa ce lo siamo mangiato così, nature, senza orpelli ulteriori e fa sempre la sua grande figura.
Meglio prepararlo il giorno prima e tirarlo fuori dal frigo qualche minuto prima di servirlo.
Ingredienti (per uno stampo di 25x18 o per 8 stampini da budino)
1 pacco di biscotti al burro (io ho usato gli Oswego da 250 gr e ne sono avanzati un po’)
1 barattolo di ananas (tutta la polpa e 150 ml di succo)
1 lattina di latte condensato zuccherato da 375gr
1 bustina di gelatina in polvere gusto ananas (75gr)
200 ml di acqua
Burro per ungere
Procedimento
Versare la gelatina in una ciotola, unire l’acqua bollente e mescolare finché non sarà tutta sciolta, dopodichè lasciarla intiepidire.
Nel frattempo sbriciolare grossolanamente i biscotti, ungere lo stampo di burro e cospargerlo di briciole.
Unire il succo di ananas e il latte condensato alla gelatina, quindi la polpa dell’ananas tagliata a pezzetti piccoli.
Versare il composto nello stampo,
ricoprire tutto con i restanti biscotti sbriciolati e riporre in frigo per almeno 4-5 ore.