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Sudafrica II: aspetti pratici e curiosità

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E dopo le prime impressioni poetiche e il nostalgico quadro d’insieme fin qui tracciato, ritrovata la favella, passerei agli aspetti tera-tera del nostro viaggio (casomai dovessero interessare qualcuno), includenti i posti  in cui abbiamo dormito (o abbiamo cercato di farlo..), ciò che abbiamo fatto, quello che abbiamo visto, che se semo magnati.
Partirei dall’itineriaio, da quei 4000 km solcati (che in origine dovevano essere solo la metà…equamente distribuiti tra l’amato bene: 3960, e la sottoscritta che ha valorosamente contribuito a coprire i restanti 40 con grande gaudio e pure suprema soddisfazione…).
Dall’aeroporto di Johannesburg(dove siamo approdati dopo un giorno e mezzo di viaggio di qui e di là, fra voli, scali, soste in aeroporti e suggestivo sorvolo della piana di Giza con fortunatissimo e  del tutto casuale oblò vista Sfinge e Piramidi), prelevata la macchina da San Budget, 

ci dirigiamo subito giù verso la costa,  passando per il gelido Free State dove ci fermiamo giusto una notte (di vento sferzante e  implacabile) all’interno del Golden Gate Highlands National Park,


per poi puntare in basso, verso la Elephant Coast(e climi più miti).
Sosta di un paio di notti nel villaggio (dalle piantagioni tropicali) di St.Lucia
 (dove si può tranquillamente uscire a mangiare di sera, a patto di stare attenti agli ippopotami che, proprio al calare del buio, gironzolano indisturbati per le vie del paesello… ma ci spiegano che basta ignorarli, non avvicinarsi troppo e non mettersi a correre o fare movimenti bruschi…tutto qua!), per una serie di progetti:
- visita accurata dello spettacolare Isimangaliso Wetland Park, riserva naturale patrimonio mondiale Unesco, dal nome dolcissimo che in lingua zulu, non a torto, significa “miracolo”.
- crociera (indimenticabile) di 2 ore sul fiume a vedere usi e costumi dei signori ippopotami;

- ammirare lo spettacolare estuario del fiume che si getta nell’Oceano Indiano
- spingerci poco oltre per affondare, almeno i piedi, nella interminabile spiaggia di Cape Vidal.

Ripartiamo alla volta dello Zululand, per la sosta di una notte (ancora gelida) in una tenda all’interno dell’ Hluhluwe-Imfolozi Parke concederci, casomai non fosse già abbastanza suggestivo così, il brivido di un safari notturno, ovviamente guidato, che lì, come in ogni altra riserva, dopo le 18 non si può più usare la macchina.
 Continuiamo quindi a risalire la regione del KwaZulu-Natal, costeggiando i confini dello Swaziland (ben delineati da recinti elettrificati e cartelli che ne segnalano la frontiera e pungolano la nostra tentazione più di una volta…), per dirigerci verso la magnifica regione dello Mpumalanga (“Luogo del sole nascente”), attraversando piccoli villaggi fra distese interminabili di pini, fino ad arrivare a Nelspruit (unica, vera città “moderna” in quelle zone prevalentemente rurali), che però vediamo solo di passaggio.
La nostra meta infatti è Sabie, altro piccolo villaggio abitato da molti olandesi, come punto di appoggio per 2 notti e altri piccoli grandi progetti:
- dormire in un letto caldo e comodo, tanto per cominciare
- visitare il Blyde River Canyon con tutte le sue cascate
- gironzolare per altri minuscoli ma caratteristici centri come Lyndenburg, Pilgrim’s Rest, antico villaggio di minatori e Graskop (col mitico Herry’s Pancake, che ritroveremo con gioia pure a Dullstrom).
Espletate tutte le pratiche, mangerecce e non, ripartiamo alla volta della tappa più lunga e importante, vero fulcro di tutto sto sbattimento: il Kruger (cui sarà d’uopo dedicare apposito post), sostando nella zona meridionale per i primi 3 giorni, spostandoci poi di 150 km verso la parte centrale per le restanti 3 notti e arrivando, da lì, fino al Tropico del Capricorno ma rinunciando (un pizzico a malincuore) a toccare Punda Maria, la sua parte più estrema, ai confini con lo Zimbabwe.
Usciti dal Kruger (un po’ frastornati da 6 giorni di full immersion nella natura e soprattutto un po’ restii all’idea di riprendere contatto con la fauna umana) riattraversiamo, questa volta sul versante opposto rispetto all’andata, le bellissime montagne del Drakensberg, passando per Dullstrom e fermandoci per la notte a 150 km da Johannesburg nel piccolissimo villaggio di Waterval Boven, per vedere altre cascate ancora (e ricominciare così a familiarizzare con l’idea di dover fare rientro…).

Le location

L’abilità grandissima ed innegabile del mio previdente consorte, tocca riconoscerglielo, è stata quella di saper alternare sapientemente sistemazioni spartane ad altre un po’ più comode, così, tanto per farmi riavere un po’, dopo magari una notte passata a sentir grattare roditori sul legno del pavimento o essermi infilata sotto le coperte con felpa cappuccio e doppi calzini per il freddo.
Suggestive e accoglienti Guest Houses:
Simpatici e calorosi B&B

Caratteristiche e funzionalissime rondavel (capanne circolari con tetto in paglia, tipiche dell’architettura africana)

(alcune delle quali dotate di angoli cottura attrezzati di tutto punto, meglio di casa nostra)

Avventurose seppur confortevoli tende.

Tutto in allegra compagnia 

e generosa condivisione, 

che lì in Africa non si è mai soli, 

nemmeno quando si crede di esserlo. 

Né di sera,

né di mattina a colazione.

Né di notte in stanza (o tenda che sia),

né di giorno in un qualsiasi altro posto.
Tanto vale abituarsi.

Note tecniche e qualche suggerimento:
Tutte le sistemazioni all’interno delle riserve (ad eccezione di quelle private) vanno prenotate direttamente attraverso il sito del San Parks (South African National Parks) che li comprende quasi tutti, è molto semplice da usare e offre la possibilità di scegliersi il tipo di sistemazione fra tende, cottage e rondavel, compresa la loro ubicazione all’interno dei campi. In alta stagione non è possibile alloggiare più di 10 giorni all’interno della stessa struttura e tenete presente che alcuni alloggi in posizione strategica, per esempio vista fiume (dove vanno ad abbeverarsi gli animali) a febbraio per settembre (che è bassa stagione!) erano già tutti esauriti!!!
I campi ovviamente si scelgono secondo l’itinerario e i giorni di permanenza nelle riserve, noi ci siamo trovati molto bene allo Skukuza e all’Olifants per quando riguarda il Kruger (ma col senno di poi, in alternativa a quest’ultimo, avremmo scelto Satara o Letaba per l’altissima concentrazione di animali, almeno nel periodo in cui siamo stati noi) e al ‘Mpila Camp per l’Imfolozi (quest’ultimo però non fa parte del San Park ma dell’Ezemwelo KwaZulu-Natal Wildlife).
Belli, organizzatissimi, regole chiare, e soluzioni intelligenti: quando si cambia campo le chiavi si lasciano in un’apposita cassettina prima di andarsene così non appena si aprono i cancelli al mattino si può uscire senza dover aspettare le 7 per l’apertura della reception.
Potrebbe sembrare eccessivo dover sottostare agli orari e alle regole ferree dei campi (le cucine del ristorante chiudono alle 21:30; in alcuni campi dalle 10 alle 7 del mattino successivo non c’è corrente elettrica; alle 18 chiudono i cancelli e si riaprono alle 6 del mattino successivo, ecc), ma è molto diverso alloggiare all’interno o all’esterno delle riserve. Dormire nella savana, sentire in lontananza il ruggito di un leone o la risata di una iena, rimanere immersi in quell’ambiente giorno e notte senza soluzione di continuità anche solo per una manciata di giorni è un’esperienza che, dormendo fuori per rientrare nelle riserve solo al mattino successivo (e fare tutta la trafila dei permessi e delle code), si vive solo al 50%.
Per tutto il resto, ci sentiamo tranquillamente di segnalare:
-St. Lucia Wetland’s Guest House
-Hillwatering Country House (Sabie)
-Acra retreat Mountain View(Waterval Boven)




Le strade, la gente, la sicurezza
Sempre il lungimirante consorte prima di partire s’era accuratamente scelto le vie da percorrere alternando autostrade, statali e mulattiere. Tutte sono abbastanza ben tenute, ma è bene sapere che sulle prime, un po’ diverse dalle nostre a cominciare dall’ampiezza, vigono regole un po’ bizzarre, del tipo:
- l’autostop è abitudine costante praticata in ogni fascia di età, dal ragazzo che torna da scuola, alle signore che vanno a fare la spesa, agli uomini che devono recarsi al lavoro o a cercarne uno: non disponendo di mezzi propri, la gran parte della popolazione si sposta così, contando sulla generosità di qualcuno di passaggio e saltando da una macchina all’altra.

 In alcuni tratti addirittura esistono apposite pensiline e “punti di raccolta”. Perfino i pick-up della polizia, tanto per dare il buon esempio, raccolgono persone che viaggiano pure in piedi fino alla fermata successiva…I minibus che effettuano servizio da e per i centri più grandi non sono sufficienti a coprire le richieste e così ci si ingegna come si può.
- Molti villaggi sorgono a ridosso delle autostrade, ragione per cui non è raro incappare in frotte di bambini che giocano e passeggiano lungo la corsia d’emergenza,
 o che tornano da scuola
- si può fare inversione di marcia (sì, sull’autostrada!) in appositi tratti segnalati
- è contemplato l’attraversamento stradale, opportunamente segnalato da cartelli ma tranquillamente praticato anche in assenza di questi…
- oltre a persone non è raro veder transitare, sempre in autostrada, babbuini, mucche o altri abitanti dei luoghi.
- i limiti di velocità, per tutte le ragioni di cui sopra, ci sono parsi piuttosto alti: 120 km/h, che si riducono a 80 giusto in prossimità di villaggi abitati e scuole, ma i posti di blocco (per ragioni di controllo) e gli autovelox sono altrettanto frequenti e…variamente utilizzati (= ce provano!)… anche questo è bene saperlo.
- Nonostante le bizzarrie delle regole stradali tuttavia, fra automobilisti e soprattutto camionisti (che sono davvero tanti) vigono regole di civiltà da fare invidia ai nostri centri cittadini: a parte rarissime eccezioni, un camion si farà sempre da parte per far passare mezzi più veloci. A quel punto però va in scena tutto un bellissimo rituale di gesti che è utile conoscere: l’automobilista per ringraziare azionerà per un attimo le doppie frecce, il camion risponderà a sua volta facendo i fari, l’automobilista concluderà con un piccolo colpo di clacson.
All’inizio non capivamo tutta la pantomima, poi ci  abbiamo preso gusto e a ogni sorpasso.
 era tutta una girandola di frecce/fari/clacson/ cui andavano ad aggiungersi saluti a mano aperta e ampi sorrisi, tanto per non trascurare proprio nulla.
-Pittoresche le soste in autogrill: in una regione in cui l’89% della popolazione è nera, due mozzarelle dai tratti latini che scendono dalla macchina destano inevitabilmente curiosità. Nonostante le raccomandazioni sulla criminalità diffusa, in tutta onestà non abbiamo mai avvertito situazioni di pericolo né di diffidenza nemmeno nei centri rurali più lontani dai circuiti turistici, anzi meno che mai in questi.
 Molti sguardi curiosi, desiderio di parlare, curiosità di conoscere, disponibilità a dare indicazioni.
E soprattutto larghi sorrisi (poi, il linguaggio dello sport e soprattutto del calcio è sempre un collante universale, in ogni parte del mondo…peccato che la mia dolce metà abbia sperimentato la frustrazione dell’incontro fortuito con l’unico laziale di tutto il Sudafrica: Do you like soccer? Conosci aa Roma?e quello, candidamente, lo atterra con una sola parola: “No Roma. Lazio!” Affronto! Disonore! Mancava poco che decidesse di stabilirsi lì a fare opera di divulgazione capillare e diffusa delle regole base della tifoseria capitolina: Su forza, ripeti con me: Roma, Roma, Roma, core de sta citààààà……….”).
Valgono, in generale,  le regole di buon senso: mettere via, almeno in certi momenti,  le macchine fotografiche dismettendo al contempo anche l’aura un po’ imbarazzante e a volte fuori luogo dei turisti a ogni costo, mescolarsi (per quanto possibile) alla popolazione locale, non ostentare marsupi e borse portasoldi, evitare di mangiare per la strada (un pasto al giorno è quello cui aspira la maggior parte della popolazione di certe zone), fare a meno di prelevare in luoghi aperti grosse cifre al bancomat considerando che il prelievo minimo, lì, è di 60 rand, pari a circa 5 euro, evitare magari di dare passaggi anche se si è sempre molto tentati, specie dalla visione di donne con bambini….
Non è raro incappare nella singolare visione di esponenti di varie tribu zulu dagli outfit ben più che caratteristici: gonnellini di pelle, piedi nudi, interminabili fili di perline alle caviglie tranquillamente abbinati a camicia e giacca. Potrà capitarvi che alcuni vi chiederanno aiuto per usare il bancomat, di cui magari dispongono da poco e che non sanno utilizzare bene.
Ci siamo fermati in moltissimi autogrill “locali” e abbiamo trovato sempre bagni assolutamente puliti, corroboranti caffettoni  locali, possibilità di fare scorte di acqua e occasione di scambiare due chiacchiere. L’unica volta in cui ci siamo sentiti a disagio è stato quando, di ritorno verso Johannesburg e a pochi km dalla città, siamo incappati in un autogrill diverso dagli altri: enorme, scenografico (anche per la presenza di un’ampia vetrata da cui poter ammirare rinoceronti e bufali al pascolo),

 superaccessoriato e ….dotato di vigilanza armata. Lì la proporzione si invertiva e le mozzarelle erano in stragrande maggioranza. Atmosfera tesa, via vai di gente indifferente, raccomandazione di chiudere bene la macchina. È evidente che zone rurali e grandi città siano molto diverse, ma proprio per questo noi ci siamo accuratamente tenuti lontani da queste ultime, non aspirando a fare reportage per esempio di posti come la township di Soweto, che più che un luogo da andare a visitare ci sembra un enorme problema con cui forse si dovrebbero fare i conti seriamente.
Stesso senso di disagio e forte imbarazzo lo abbiamo provato passando accanto agli alti muri di cinta di alcune grandi ville, immerse in villaggi rurali fatti di capanne di fango o catapecchie di lamiera, sormontati da filo spinato elettrificato. Quello che al Kruger o intorno a tutte le riserve faunistiche si usa per tenere lontano gli elefanti….a voi le conclusioni.
-La guida a sinistra, per l’amato bene, non è stata un problema nonostante l’assenza del cambio automatico: pareva che nella vita non avesse mai guidato in altro modo.
Ma per amor di cronaca va anche detto che se pure avesse incontrato difficoltà, almeno iniziali, queste sarebbero state prontamente ricacciate da urgenze più impellenti tipo una tempesta di sabbia lungo tutti i 400km iniziali da Johannesburg al Free State. Della serie: le terapie d’urto sono sempre le migliori!

I paesaggi
Viaggiare in auto scegliendosi preventivamente le strade da percorrere regala l’enorme vantaggio di impiegare bene anche tutto il tempo necessario agli spostamenti. Noi, che apparentemente ci siamo evoluti rassegnandoci al tomtom abbiamo generosamente regalato alla Budget 130€ per noleggiarne uno e poi avere cura di tenerlo ben chiuso nella sua custodia tutti e 15 i giorni, senza aprirlo mai, nemmeno per sbaglio, e facendo affidamento esclusivamente su un sistema diciamo così, lievemente più rudimentale ma pur sempre efficace:

 le cartine di Google maps portate direttamente dall’Italia!!!! e comprendenti appunti vari con gli itinerari per raggiungere ogni singolo posto che avevamo prenotato. Un po’ maniacale, me ne rendo conto, ma basta stare al gioco, vestire i panni di copilota e il divertimento è assicurato!
Di paesaggi affascinanti e suggestivi il Sudafrica ne regala a manciate:
dagli interminabili rettilinei costeggiati di pini a perdita d’occhio,

agli infiniti pascoli di bestiame
alle piantagioni profumatissime di arance dello Mpumalanga,

a tutte le gradazioni di colore delle rocce del Drakensberg

passando per mercatini di autentico artigianato



negozietti locali





rosticcerie ambulanti
In una sorta di film che scorre di continuo offrendo sempre nuovi spunti, tali che vorresti non finisse mai.
Il cibo
Carne, carne e ancora carne che è veramente buona. 
Da quella grigliata 

agli straccetti essiccati e conditi con spezie varie (Biltong).


Per il tipo si spazia dal manzo, al pollo, al vitello, passando per kudu, impala e struzzo.
Meravigliosi i curry vari, 

le zuppe, 
prevalentemente creme e vellutate a base di verdure e gli stew del giorno, succulenti stufati di carne completi di verdure cucinati in grossi pentoloni di ghisa, anche direttamente a terra, 

e che fanno piatto unico.

Prevalgono i sapori agrodolci e il piccante (peri peri); non è raro vedere le carni accompagnate da verdure ma anche frutta grigliata, specialmente papaya o mango.

Il frutto principale è la Marula, dei cui alberi sono ghiottissimi gli elefanti e che l’industria del cibo declina in ogni variante possibile, dal ghiacciolo, al liquore Amarula, una sorta di crema di Whisky molto simile al Baileys.
Fra i dolci, ottimo il Malva, una sorta di budino dalla consistenza spugnosa variamente aromatizzato.
Ogni rondavel e ogni area pic-nic, nelle riserve così come per la strada, è  dotata di braii (barbecue), vera istituzione del luogo: gli autogrill e ogni più piccolo emporio vende piccoli sacchetti di legna, così le persone arrivano, si scelgono il proprio braii e ci arrostiscono tutto ciò che vogliono a ogni ora del giorno…E poi Pancakes, 

declinati in ogni modo,

dal dolce 
al salato. 
Scones e pudding come se piovesse, 


ma anche altri dolci, negli autogrill locali, sempre all’insegna della semplicità, come per esempio quadrotti di pastafrolla 


da accompagnare a un bicchierone di caffè locale che sa sempre di spezie e di pepe in particolare.
Ma noi, si sa, viaggiamo sempre con la nostra fida moka e il fornelletto. Essendo le prese di corrente diverse rispetto alle 12 (mica una!) contemplate dall’adattatore universale di cui disponiamo, ne abbiamo dovuto comprare un altro ancora per dare vita a una centrale nucleare di questo genere:



Ma tutto, pur di avere un buon caffè! Che comunque, va detto, abbiamo trovato nei posti più impensabili e sperduti del Kruger e dell’Imfolozi a prezzi nemmeno esagerati.
Dove magari si cucina su un fuoco acceso direttamente a terra, ma su un bancone rimediato spicca una macchina per l’espresso nuova di zecca che fa un caffè da urlo…contrasti sudafricani.

Salute
Il rischio malaria prima di tutto, che esiste, è endemica ed è inutile fare finta di niente.
 Quello di fare o meno la profilassi è una scelta del tutto personale su cui non mi pronuncio.
 Va detto però che la protezione meccanica (evitare di farsi pungere dalle zanzare) è alla fine, l’unica forma efficace di prevenzione, anche se si opta per la profilassi.
Nel periodo in cui siamo stati noi, che coincideva con la fine dell’inverno e l’inizio della primavera (il 1 settembre), di zanzare ne abbiamo visto pochissime, è vero però che ce ne sono, specialmente nelle aree a vegetazione tropicale e a mano a mano che si sale verso il nord del Kruger.
Zone come St. Lucia e Sabie sono state di recente dichiarate “Malaria free” ma è bene non abbassare la guardia dal momento che poi uno non sta fisso in un posto e le zanzare nemmeno….
Il Kruger è ad alto rischio e ci sono cartelli sparsi un po’ ovunque che lo ricordano.
Esiste un numero di emergenza malaria che viene fornito all’ingresso del parco ed è attivo 24h, in caso di dubbi o di insorgere di sintomi sospetti.
Naturalmente l’attenzione deve rimanere alta anche nei mesi successivi al rientro visto che l’incubazione, a seconda dei vari ceppi malarici, va da 14 giorni fino a 6 mesi.
Prese tutte le opportune precauzioni (dormire con la zanzariera, non usare profumi, lozioni, odori che attirino gli insetti, cospargersi di repellenti che abbiano almeno il 25% di permetrina, usare pantaloni e maniche lunghi dal tramonto all’alba e via dicendo), noi abbiamo provveduto pure a cospargere i tappetini della macchina di Deet e a riciclare le piastrine di vape che usavamo di notte spargendo pure quelle in macchina…..un po’ per scherzo un po’ sul serio…che nella vita non si sa mai!

La malaria tuttavia non è l’unico problema: dove ci sono animali ci sono le zecche, ma anche lì attenzione massima e buon senso dovrebbero bastare a non rovinare il viaggio. Sorvolo su tutto ciò che riguarda morsi, punture e graffi di scimmie, roditori, altri insetti dal momento che non sono prerogativa esclusiva dell’ Africa e ognuno prenderà le precauzioni che crede.
Nota di merito:l’acqua, in Sudafrica, è sicura e potabile in tutte le strutture salvo che in alcuni campi, dove però è ben evidenziato. Noi abbiamo bevuto comunque quella in bottiglia, ma l’abbiamo usata tranquillamente per lavarci i denti e in alcuni casi non abbiamo nemmeno evitato il ghiaccio nelle bibite, ciononostante non abbiamo avuto nessuno di tutti i problemi intestinali riscontrati puntualmente in Nord Africa (Egitto, Tunisia, Marocco).


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