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Channel: Pizza Fichi e Zighinì
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Donne (e frasari) d’altri tempi – Mousse di melone e yogurt allo zenzero

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Poche parole, ma chiare e precise.
Poche spicce da spiccià, ma intenti decisi e inconfutabili.
Alcun baratto, zero compromessi, nessuno sconto.
Quello che dicevano le Nonne era legge inappellabile da rispettare.
Ordini perentori da eseguire, poi casomai si poteva parlare anche di altro.
Un’oretta di studio ogni giorno ed Eva, la cui nonna (per quell’intrico insondabile che erano i legami di parentela qualche vita fa) era zia della mia, mi racconta che così facendo era l’unica al mondo a finire i compiti per le vacanze intorno al 20 giugno.
Data dopo la quale non è che fosse dispensata dal fare altro: tutto tempo guadagnato per leggersi un libro! O anche due.
Sempre per la stessa ragione era anche l’unica ad aver imparato a spolverare alla perfezione ogni soprammobile che le si parasse davanti.
Perché due bambine in età scolare, durante la calda estate, fatta di lunghissime giornate pigre e oziose, devi pur intrattenerle in qualche modo.
E laddove oggi ci sono i tablet, il Nintendo e l’ormai quasi preistorica Playstation, una volta c’erano attività pratiche e soprattutto funzionali a chi le propinava: spolverare, lavare a turno i piatti, asciugarli con altrettanto rigore (nei giorni di pertinenza), rifare ognuno il proprio letto, mettere  a posto, come minimo sindacale di cura di sé, i vestiti, i giocattoli, gli effetti personali.
Lavarsi le mutande ogni sera.
Mica solo bighellonare in attesa del ritorno della mamma.
Compiti precisi, ruoli prestabiliti, tabelle di marcia senza possibilità di deroga.
E in tutto questo rientrava la cura della propria persona, intesa come corpo e spirito, che aveva come espressione massima il riposino pomeridiano.
Obbligatorio.
A nulla valevano timidissimi tentativi di protesta, o solo di obiettiva considerazione della realtà:
“Ma io non ho sonno”
“Fa niente. Te metti giù, chiudi gli occhi e te rilaSCI”, dove anche il lessico era piegato a una logica stringente per correre al servizio di quegli adorabili sergenti di ferro che erano le nostre Nonne.
Perché “rilassarsi”, da solo non bastava, quasi per niente avrebbe reso l’idea.
Il concetto risultava invece chiarissimo e inequivocabile nell’atto precipuo di rilasciare: i muscoli, i tendini,  i nervi tesi, l’adrenalina bambinesca in circolo, i pensieri, qualsiasi tentativo di fuga che avesse dovuto anche solo sfiorare le nostre menti costantemente in allerta.
Anche perché spesso sul lettone, nei pomeriggi assolatissimi e afosi, appena mitigati dalle persiane chiuse a capannella, si stava perfino in tre.
“Fa caldo”
“Ce so’ i ventilatori accesi!”, due, tre per volta, uno più cigolante dell’altro e con un raggio d’azione giusto di qualche centimetro.
E quei riposini imposti, a occhi spalancati, cullati dal canto monotono delle cicale (e da quello irregolare del russare della nonna), parevano durare un tempo infinito e senza scampo.
Poi però l’infinito finiva e arrivava il momento tanto atteso della merenda (perlopiù nell’attimo in cui ci si stava davvero rilasciando e perfino il secondo occhio stava per chiudersi, cedendo al sonno…).
 Pane burro e zucchero, pane e pomodoro, pane e olio, il succo di frutta coi creck.

Espletata pure questa pratica, si passava alla fase più  attesa della giornata: la visita delle amiche della nonna o il peregrinare di casa in casa in visita alle stesse.
Secondo i turni, il tempo o le condizioni fisiche: mia nonna per esempio non poteva muoversi e allora si limitava a ricevere.
Ma la preparazione era la medesima in entrambi i casi: prima di uscire o ricevere qualcuno, ci si doveva, senza storie, custodire. Che i semplici atti di lavarsi e vestirsi, a poco valevano.
“Lavatevi le mano, il viso e i piedi” laddove per piedi si intendeva come minimo tutta la gamba almeno fino al ginocchio.
E l’operazione era reiterata per 3 volte al giorno, tante volte cioè quante quelle in cui ci si alzava dal letto o ci si coricava.
Le gambe però erano sempre perfettamente lucide, deterse, quasi abrase.
Col primo strato di pelle asportato dallo strofinamento d’ordinanza.
Perché la sera s’andava ai giardinetti e lì mica si andava troppo per il sottile.
Allora il fatto di essersi custodite solo poche ore prima non garantiva certo l’esonero dal dover ripetere tutta l’operazione una volta rientrate e prima di appoggiarsi sulle lenzuola bianche.
Anzi, di sera si aggiungeva il compito di lavarsi ognuno la propria biancheria intima:
Una ve la mettete, una la lavate. Sempre!”.

Altro che Tata Lucia e il suo taccuino.
Moderne e mollicce babysitter di oggi.
Pronte a correre in aiuto di bisogni autentici o inventati.
Con regole deboli e opinabili.
Con deroghe costanti e patteggiamenti in corso d’opera.
Con passaggi di consegna fra più e più persone.
Lì, affidate alle Nonne, c’era davvero poco da scherzare, niente da discutere, figuriamoci da barattare.
Ed erano proprio bei tempi.



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Non rifilerò la balla del lampo di genio alla sola apertura del frigo (che tanto invidio a chi è capace di farsi ispirare).
Mi rendo conto di avere poca poesia ma la (mia) realtà è ben più cruda: uno yogurt prossimo alla scadenza, un melone troppo maturo, dei fogli di gelatina da consumare, un po’ di tempo a  disposizione.
E via con la mousse.
O crema?
O gelatina?
Chiamatela come volete, a noi è piaciuta un sacco! Ma impone il riposo di una notte in frigo, poi secondo me anche l’utilizzo di uno yogurt compatto, per dare corpo.
Accompagnata a biscottini di avena e gocce di cioccolato, o a quelli che volete, costituisce un’ottima merenda (ovviamente dopo essersi diligentemente custodite) o un fresco dopocena.

Ingredienti (per 4)
300 gr di polpa di melone maturo
1 vasetto di yogurt bianco magro (preferibilmente compatto: greco o Kyr)
2 cucchiaini di miele
Mezzo cucchiaino di zenzero in polvere
4 fogli di colla di pesce
2 dita di latte
 In più:
foglioline di menta
biscotti a piacere

Procedimento
Mettere in un grande bicchierone tutti gli ingredienti ad eccezione della colla di pesce, che andrà sciolta in due dita di latte caldo (fuori dal fuoco) oppure messa in ammollo in acqua fredda una decina di minuti e aggiunta al composto dopo averla strizzata.

Frullare il tutto e infine aggiungere la gelatina amalgamando bene con un cucchiaio.
Versare il composto in 4 coppette e mettere a riposare in frigo per una notte.

Al momento di servire decorare con foglioline di menta e biscotti a volontà.


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