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Channel: Pizza Fichi e Zighinì
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Pronti, via - Vegan chocolate brownies

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E insomma, volente o nolente, a tozzi e bocconi, eccomi qua, in piena ripresa annuale con tutti gli annessi e connessi.
Non avere propositi credo abbia giovato molto e quindi d’ora in poi adotterò per sempre questo sistema.
Sarà l’ansia da prestazione, fatto sta che stavolta, la malinconia profonda per la fine dell’estate, il buco nero di propositi, buoni o cattivi, il vuoto cosmico di progetti e sfide, tutti questi elementi congiunti di immenso lasciateme stà insomma hanno prodotto, invece, il più proficuo inizio d’anno che mai si sia registrato in tutta la mia vita.
Dieta ferrea innanzitutto (a parte una breve ma intensa puntatina a Trastevere per una mangiata di pasta alla carbonara fedelmente documentata a futura memoria per usarla nei giorni di grave astinenza da carboidrati e crisi allucinatorie conseguenti).
Supportata perfino tecnologicamente (la dieta, non la carbonara) da un’app che mi aiuta a tenere traccia di carboidrati, proteine e grassi in modo da capire come e dove correggere il tiro.
Dice: ma che è?
Niente. Letteralmente. Unico e fondamentale compito giornaliero (a parte astenersi da una serie infinita di alimenti), quello di tenere un diario alimentare e registrare tutto, ma proprio tutto, ciò che si mangia.
Ecco, la funzione di questa app è precipuamente questa: plasmare e dare forma a sensi di colpa e contrizioni tali, all’atto di mettersi lì a registrare nero su bianco ogni singola voce, da far perdere peso così, con la sola forza del pensiero (e della coscienza). Altro che macronutrienti e bilanciamento dei pasti. Leggi quante calorie contiene una singola caramella e prova a mangiartene una manciata a cuor leggero la prossima volta.
Come darsi una martellata sui denti da soli.
O bacchettarsi a priori, senza manco farsi sfiorare dall’idea di andare lì ad aprire il barattolo dei biscotti.
Come minimo ti dilanierai dentro al pensiero di dover renderne conto a una nutrizionista virtuale.
E tanto basterà.
Mettiamoci poi che a un certo punto si è trattenuti dal mangiare anche solo un misero cioccolatino per non dover aprire il tablet e registrare diligentemente il misfatto. Questa funzione dissuasoria permette di astenersi da ogni sgarro e di risparmiare un sacco di calorie.
Sì, brava, famo pure il diario così dentro sta casa proprio nun se campa più. Tra un po’ solo tofu e insalata” è stato il commento sconsolato dell’amato bene.
Ma lui è escluso da tutto ciò.
Per il momento.
Ma certo sale e olio gli vengono razionati opportunamente, non foss’altro che per mera solidarietà.
Poi il corso d’inglese. Basta andare in giro arrancando per farsi capire e chiedere di parlare lentamente in virtù di un inglese approssimativo. Che vabbè che poi uno si capisce lo stesso e che tanto in Cina e in Giappone per esempio lo parlano come io parlo l’arabo, ma è arrivato il momento di evolversi. Di migliorarsi.
 È con questa ferma idea nella mente che ogni mattina, appena aperti gli occhi alle 6.10, me ne rimango a letto un’altra ora tonda tonda per ronfare ripetere, conversare, compilare frasi e ascoltare surreali dialoghi fra altrettanto strambi personaggi dei fumetti di un’altra app scaricata all’uopo.
Siccome vedo che funziona sono arrivata, baldanzosa, al livello 7, nonostante ogni mattina non manchi di smadonnare sonoramente al suono della sveglia.
Infine la palestra. Ricominciata anche quella a pieno regime, per 5 giorni alla settimana nessuno di meno.
Poi sono sempre quella che sceglie l’elastico più morbido, il pesetto più leggero, lo step più basso, perdendomi in chiacchiere tra un esercizio e l’altro nei giorni in cui si fa “il circuito” e si lavora in coppia.
Quel malfidato dell’istruttore sostiene che la scarsa fatica impiegata si evinca già dalla scioltezza con cui conduco la conversazione con la mia compagna di disavventura, in realtà non sa che il fatto di parlare rappresenta un valore aggiunto all’esercizio dandogli più lustro e favorendo l’impiego di quei muscoli (buccali, sublinguali e mascellari che altrimenti rimarrebbero sguarniti di allenamento e perennemente mosci).
Senza contare il fatto che porto dalla mia parte, traviandole, ascetiche seguaci pronte a immolarsi a qualsiasi argomento di conversazione pur di smollarsi per un attimo dalla sequenza di addominali o di squat. È così che si discetta un po’ di tutto lo scibile pur di non pensare al reale motivo (ce n’è uno?) per il quale siamo lì. E si spazia un po’ ovunque: dal cibo ai viaggi, dai libri al sempreverde argomento ciclo. Siccome poi l’età media delle frequentatrici della mattina continua a rimanere piuttosto alta, quest’ultimo ruota perlopiù attorno a vecchi ricordi e mai sopite speranze (che le caldane cessino), prospettandomi così scenari apocalittici per il mio futuro di ultra quarantenne.
Ma l’ambiente continua a rimanere stimolante per studi sociologici e scoperte sempre nuove, meritevoli di post di approfondimento.
Ed ecco qua.
L’importante è partire.
A me, per farlo, basta ripetermi di non avere progetti, propositi, obiettivi….

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Sorprendenti questi brownies: consitenza umida, cioccolatosi oltre ogni limite. E poi senza uova, senza lievito, senza burro e pure senza olio. La componente grassa è rappresentata “solo” dalla pasta di sesamo, quel tahin comprato per fare l’hummus e parcheggiato in frigo una volta aperto. Un’idea quindi anche per smaltirlo. Più tantissimo cioccolato, di quello buono e nero come la notte. Solo per intenditori. Astenersi amanti del cioccolato bianco. Per la ricetta ho preso spunto da questa, apportando modifiche sostanziali in base ai miei gusti.
N.B.:
- la farina di farro può essere sostituita da quella 00 o di kamut; lo zucchero di canna da quello semolato; il latte vegetale da quello vaccino; la polvere lievitante a base di cremor tartaro con il lievito per dolci.
- ho ridotto notevolmente il quantitativo di zucchero rispetto alla ricetta originale e per i miei gusti erano perfetti così, poi molto dipende anche da quale latte vegetale si usi (quello di riso è già dolce di suo) e quale cioccolato.

Ingredienti (per 12 Brownies)
265 gr di farina di farro
240 gr di “latte” vegetale (io ho usato quello di riso)
180 gr di zucchero di canna (240 nella ricetta originale)
170 gr di tahin
150 gr di cioccolato extrafondente 85%
2 cucchiaini di polvere lievitante (cremor tartaro e bicarbonato)
2 cucchiaini di essenza di vaniglia o i semi di mezza bacca


Procedimento
Preriscaldare il forno a 180° e foderare di carta forno uno stampo rettangolare piccolo (il mio era di 24x16 cm).
Sciogliere il cioccolato a bagnomaria. Quando sarà diventato una crema liscia e lucida, lasciare intiepidire leggermente e unirvi il tahin, la vaniglia e il latte vegetale mescolando con cura.
In un’altra ciotola setacciare la farina di farro e la polvere lievitante. Unire anche lo zucchero e versare tutto nella crema al cioccolato.
Amalgamare bene e versare il composto in una teglia rettangolare foderata di carta forno.
Infornare per 30-35 minuti o fino a  quando inserendo uno stecchino questo non uscirà asciutto.



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