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Channel: Pizza Fichi e Zighinì
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Coaching motivazionale - Crazy Cake

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E niente, stiamo così:

che adesso siamo passati alla fase clou di tutta la faccenda, quella in cui il salotto-lavanderia-cucina-ricovero per attrezzi è stato svuotato e trasformato in solo ricovero per gli attrezzi e cantiere vero e proprio.
Questo non era contemplato nei lavori – imprescindibili- di messa in sicurezza da fare. Rientra piuttosto in tutta la vasta e varia categoria del “già che ci siamo” perciò tutto ciò che ne consegue è vissuto pure con uno spirito diverso.
Che finché puoi dire me la sono cercata, la affronti diversamente.
A fine mese poi dovrebbe anche arrivare la cucina, quella vera, che ci permetterebbe di mandare finalmente in pensione le piastre elettriche, restituire il forno a mamma e ridare la giusta collocazione alle cose.
Anche se continuerò a lavare i piatti nel lavandino del bagno al piano superiore visto che l’allaccio degli impianti di gas e acqua verrà fatto alla fine di tutto, o perlomeno al ritorno dal Giappone.
Ecco sì, c’è giusto questa piacevole prospettiva a fare da  spartiacque tra il dentro e il fuori, perché dopo toccherà al giardino e dopo ancora, si spera, avremo finito.
Nel frattempo è cambiata parzialmente la squadra dei muratori: nuovi visi, nuove mansioni, nuove abitudini.
Non c’è più quello che prendeva il caffè macchiato (e che in questa casa ha imparato a macchiarlo con latte di soia, di riso, di avena o di quello che, giornalmente, passava il convento).
Non c’è nemmeno più quello che cantava a squarciagola rasando i muri e si dava tono e coraggio con manciate di cioccolatini che gli lasciavo lì.
Ora c’è direttamente il capocantiere, che si occupa di lavori di fino tipo la parete a intonaco stampato o il rivestimento del camino.
Che è bravissimo ma, come ogni artista, è molto umorale e si lascia prendere facilmente dallo sconforto non appena subentra un problema.
E qui, signori miei, di grattacapi ce ne sono stati e continuano ad essercene a iosa.
Un giorno della scorsa settimana, per esempio, si sono presentati, nell’ordine: il vecchietto che abita alle nostre spalle e la vecchietta sua vicina. Il primo lamentava vibrazioni tali da fargli cadere giù i soprammobili. Del resto noi stavamo precipuamente facendo una traccia sul muro delle scale (confinante con il loro) per piazzare una luce.
Dopo scuse, sprosciuttamenti e controscuse, abbiamo negoziato di usare il frullino anziché la mazzetta e di procedere a suon di sfarinature del muro anziché colpi di clava.
Ma la parte più difficile è stata mettere a parte gli operai di questa decisione, che infatti si sono subito ribellati
Ma così alziamo un polverone che non finisce più! -  si lamentava, avvisandomi, l’artista in questione.
Pazienza, non abbiamo scelta -  lo rincuoravo io che già mi immaginavo sepolta sotto una coltre di pulviscolo che Pechino scansate proprio.
La seconda ci invitava a controllare la canna fumaria del nostro camino perché a lei si riempiva la casa di fumo.
Ma signora, la nostra canna fumaria confina con i signori qua dietro, non con la sua -  spiegavo serena invitandola a vedere con i suoi occhi su in terrazzo e, comunque, cercando di riandare con la memoria all’ultima volta in cui abbiamo acceso il camino, risalente a non meno di un anno fa.
Ma di fronte a un’insistenza cieca ho ceduto quasi subito imboccando la via diplomatica e trasformandomi in assistente sociale anche per lei
Non si preoccupi signora, adesso dico subito agli operai di controllare e porre rimedio, stia tranquilla.
Tornata dentro mi toccava consolare e incitare pure il capocantiere, dopo averlo avvisato che la traccia in questione, meritevole di tanta attenzione da parte dell’intero vicinato, toccava pure allungarla un po’, facendola arrivare sopra le scale.
Seeee e come famo? Questi tocca ammazzalli, oggi!
E motivarlo alla fine di tutto, quando, spento il frullino, fatte le tracce, infilati i corrugati, ogni singolo individuo di questa casa, me compresa, era ricoperto di bianco dalla testa ai piedi e fino a dentro le mutande.
Io felice, lui sconsolato
Mo che c’è? -  chiedo allibita.
E niente, è troppo tardi, nun famo in tempo a inizià la parete di intonaco stampato - sentenzia ormai vinto.
Ma è solo mezzogiorno! Dai inizia, fanne almeno un pezzo, fammi vedere come viene, sono troppo curiosa (anche perché de sto passo, quanno finimo?? – sarei stata tentata di aggiungere).
E poi lasciali parlare, non ti arrabiare. Cosa volevamo noi? Le tracce! Cosa abbiamo ottenuto? Due tracce bellissime e utilissime!
Mancava che per fare il discorso salissi in piedi su un tavolo facendoglielo ripetere, urlando sempre più forte.
E nella prossima vita farò il capocantiere. O il mental coach.

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Una torta pazza rientra perfettamente nel clima demenziale che si respira al momento in questa casa. E un dolce più strampalato di questo in effetti non l’ho mai visto. Una teglia: tutti gli ingredienti dentro, si gira e si inforna. Fine.
Il risultato, senza il minimo sforzo, è una torta cioccolatosissima, soffice e dalla consistenza leggermente umida. Ho preso la ricetta dal sito di una famosa blogger italiana, ma la sua vera origine si trova a questo link e ne è autrice la mia cara amica Leanne. Si tratta di una ricetta americana, ideata al tempo della seconda guerra mondiale con i pochi ingredienti a disposizione. Io ho fatto qualche modifica ustilizzando farina di farro al posto della 00, diminuendo leggermente lo zucchero e omettendo di ricoprirla con la glassa al cioccolato e latte di soia.

Ingredienti (per uno stampo da 24 cm)
200 gr di farina di farro
180 gr di zucchero di canna
15 gr di cacao amaro
1 cucchiaino di bicarbonato
1 pizzico di sale
1 cucchiaino di aceto ( io l’ho usato di mele)
1 bustina di polvere di vaniglia (o 1 cucchiaino di essenza)
80 ml di olio di semi di girasole
240 ml di acqua


Procedimento

Foderare uno stampo di carta forno. Versarsi dentro, setacciandoli, la farina, lo zucchero, il cacao, il bicarbonato e il sale. Mescolare e scavare nel composto 3 cavità: una più grande e due più piccole. Versare l’olio nella grande e l’aceto e l’aroma di vaniglia nelle due più piccole. 

Ricoprire con l’acqua e mescolare tutto fino a ottenere un composto fluido e omogeneo.

 Cuocere il dolce a 180° in forno preriscaldato, per circa 35-40 minuti.


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