Roma venerdì era un tripudio di fiori gialli.
Almeno il tratto di strada che mi capita di percorrere qualche volta, quando cioè decido di farmela a piedi cambiando completamente percorso.
Il primo colpo d’occhio è su piazza san Pietro.
Più o meno all’alba, quando è ancora vuota di turisti e puoi giocare a fare finta di trovarti in qualsiasi altra epoca.
Quando ti appare più grande del solito ma mai desolata.
E la percepisci sospesa, ora più che mai, nella sua attuale condizione di orfana, ma ti si offre invariabilmente così: bella e quanto mai enigmatica, chiusa stretta fra quelle infinite colonne che la abbracciano e la proteggono.
Adesso magari un po’ diversa, con quella postazione fissa di telecamere e ripetitori; luci potenti e garbugli di fili.
Da ieri perfino presidiata da blindati di polizia, carabinieri, guardia di finanza e corpo forestale dello stato, come pedine su un tabellone di Risiko.
Qualche giornalista perennemente appostato; omini armati di telecamere che arrivano alla spicciolata per catturare chissà cosa; obiettivi costantemente puntati su una finestra chiusa, un cancello presidiato, una cupola su cui attualmente aleggia un punto di domanda grosso almeno quanto il suo diametro.
Prosegui verso piazza Risorgimento e butti un occhio alla bottega di Christian Miloni, perché la curiosità è più forte di tutto ma ad andarci a provare un panino ancora non ti sei decisa.
Dal sacro al profano, così come niente fosse e come probabilmente niente è.
Tagli per via Ottaviano, passando davanti a Castroni che ancora non ha aperto, quindi te la prendi in saccoccia perché nemmeno la sniffata del caffé appena tostato puoi goderti.
Saresti tentata di allungare fino a via Barletta, scendere quei tre scalini che separano dal più godurioso laboratorio di pasticceria che conosci e che sforna li mejo cornetti mai assaggiati finora, ma decidi di resistere, che a un solo cornetto non ti limiteresti.
Allora svolti decisa su viale Giulio Cesare, prima di ripensarci, consapevole che comunque basterà quella fila di bancarelle a consolarti, perché le bancarelle sono la tua passione e anche se la roba la stanno ancora sistemando, puoi sbirciare e toccare e allungare la mano e soppesare uno dopo l’altro tutti gli orecchini da un euro di cui probabilmente ormai non ti manca nemmeno un esemplare.
Finite quelle sbirci la lunga fila di negozi su via Candia prima di imboccare via Leone IV ma ferma al semaforo ammiri quel chiosco di fiori immenso che fa angolo e che in primavera sparge i suoi effluvi a momenti fino all’Osservatorio di Monte Mario.
E venerdì i fiori, appunto, erano tutti gialli.
Tra narcisi, tulipani, primule, ranuncoli, anemoni, bocche di leone e coriandolini soffici di mimosa, sparsi un po’ ovunque, a ogni angolo di strada.
Svolti su viale delle Milizie, per passare davanti a quel mastodontico mercato Trionfale in cui non hai mai tempo di entrare, perché quando passi è già tardi e tu devi correre, ma fai in tempo a respirare a pieni polmoni l’odore dei fiori dell’altro chiosco immenso, quello posto proprio davanti al suo ingresso.
E a riempirti gli occhi e il cuore di un giallo così intenso da fare concorrenza al sole.
Che per iniziare la giornata è l’ideale: il conforto, la coccola, la positività che cerchi.
Fra le grinfie spinose della vita che è proprio come un bellissimo carciofo fiorito
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Torta di yogurt e torta di mele: i miei dolci preferiti. Quelli rassicuranti e coccolosi cui torno sempre dopo esperimenti arditi e voli pindarici.
Fusi insieme danno questo risultato, che è semplice fino alla banalità per procedimento e tempo di realizzazione. Naturalmente ci si può sbizzarrire aggiungendo spezie o variando aromi.
La scorza di limone al posto della vanillina; lo zucchero di canna invece di quello semolato; la cannella come matrimonio perfetto; un pizzico di noce moscata, uno di chiodi di garofano e un altro di zenzero per una gran bella botta di vita.
Io stavolta ho scelto la versione delicata e super coccolosa della vaniglia perché questa torta era un regalo per quella piccola, grandissima donna che è la mia amichetta 3enne Elsa.
E questo è anche il motivo per il quale manca la foto della fetta.
Ingredienti (per uno stampo a ciambella da 26 cm di diametro)
2 vasetti di yogurt gusto a piacere (ma il massimo è quello alla vaniglia)
4 vasetti di farina 00 setacciata
2 vasetti di zucchero
1 vasetto di olio di semi
3 uova intere
1 bustina di lievito
1 bustina di vanillina
1 goccio di latte
2 mele golden
Procedimento
Preriscaldare il forno a 180° e predisporre uno stampo a ciambella oliato e infarinato. In una ciotola sbattere le uova con lo zucchero finchè non diventano bianche e spumose, quindi unir lo yogurt e l’olio e progressivamente, continuando a mescolare con la frusta elettrica, aggiungere la farina e la bustina di vanillina.
A queto punto sbucciare e tagliare le mele a spicchi e poi a fettine (lo faccio all’ultimo per non doverle spruzzare di succo di limone affinché non diventino scure). Sciogliere il lievito in un dito di latte e unire subito all’impasto amalgamando bene.
Disporre metà nell’impasto nella teglia e ricoprirlo con buona parte delle fettine di mela.
Ricoprire con il restante impasto e disporre le rimanenti fettine sulla superficie.
Cuocere in forno già caldo per circa mezz’ora non aprendo il forno prima che sia trascorso questo tempo ma affidandosi alla prova stecchino vista la diversità di un forno dall’altro e considerando che per la presenza delle mele la torta tenderà a rimanere sempre un po’ umida.
Con questa torta semplice e rustica, che vale assolutamente la pena provare almeno una volta nella vita, declinandola secondo gusti e ispirazioni del momento, partecipo al Giveaway per il compleanno del blog di Vale