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Shanghai: tutti pazzi per lo shopping!
Di Shanghai mi ero innamorata leggendo un’intervista a Roberto Bolle e restando rapita dalle foto che lo ritraevano intento a eseguire passi di danza dentro una pagoda di legno con panorama su paesaggio bucolico.
Mi ero convinta allora che la città fosse tutta così.
Fatta di legno scuro e di tetti “strani”.
Antiche case da tè e servizi di porcellana cinese.
Atmosfera sospesa e scenario da Memorie di una Geisha, pure se quello era Giappone.
In realtà, il luogo in cui era stato realizzato il servizio fotografico che accompagnava l’intervista era solo il Giardino del Mandarino Yu,
scenografica e imperdibile tappa turistica da visitare passeggiando dentro giardini profumati e attraversando ponticelli che collegano un laghetto all’altro.
Solo un aspetto della città, il più lontano possibile da tutto il resto.
Shangai infatti è, almeno in apparenza, una megalopoli in continuo fermento e in costante evoluzione, che con le idee e i suoi edifici
punta a salire sempre più in alto, ma che allo stesso tempo, sbirciando oltre l’apparenza, si scopre saldamente ancorata alle sue tradizioni.
Quasi in bilico si direbbe.
Della metropoli internazionale e cosmopolita infatti, a parte i grattacieli, ha ben poco.
La sua gente continua a parlare pochissimo l’inglese, anche se nei ristoranti sono lievemente più attrezzati che a Pechino: ai clienti vengono consegnati un foglio di carta con le foto dei piatti e una matita per barrare quello che si intende ordinare….
quando proprio non ci si capisce viene chiamato quello, del gruppo di camerieri, che vanta la conoscenza di una parvenza di lingua straniera e si cerca di comunicare alla meno peggio.
La mentalità dunque è ancora piuttosto provinciale e chiusa.
Poi però la città vanta diversi primati avveniristici tipo la terrazza panoramica più alta del mondo (quella specie di rettangolo in cima in cima al grattacielo), calpestabile al 100° piano dello SWFC (Shànghai World Financial Center),
dal quale tutti gli altri grattacieli sembreranno palazzine di pochi piani
o il Maglev,
treno a levitazione magnetica che collega l’aeroporto alla città, distanti 30 km e che viaggiando alla bellezza di 413 km/h copre tale distanza in circa 7 minuti….
Il vecchio e il nuovo, dunque. Il passato e il futuro.
Questa duplicità è presente nella stessa conformazione della città, divisa in due dal fiume Huàngpu, che la separa anche in due zone diverse: Puxi, a ovest del fiume, dove si estende il Bund,
ovvero la lunghissima (e bellissima) passeggiata lungofiume, e da cui parte il centro turistico per eccellenza,
fulcro di boutique, negozi, ristoranti, locali alla moda e vie commerciali tra le più affollate e sfarzose del paese come la East Nanjing Road,
che sfocia in Piazza Rénmìn; e, al di là del fiume, Pudong, il centro finanziario, l’area moderna, dominata dai grattacieli e da avveniristiche passerelle pedonali rialzate, accessibili da scale mobili, che consentono il transito da un luogo all’altro senza dover attraversare strade o schivare automobili.
Qui affonda saldamente nel terreno i suoi tre giganteschi pilastri, la Oriental Pearl Tower,
torre televisiva che domina lo skyline di Shanghai (cambiando colore a partire dal tramonto
e diventando teatro di mille giochi di luce insieme agli edifici circostanti)
e consente di orientarsi: basta infatti prenderla come punto di riferimento che tanto l’unico luogo da cui non è visibile è nei sotterranei della metropolitana.
A collegare una parte all’altra: svariati tunnel pedonali, altri riservati solo alle macchine, la metro che senza accorgersene ferma al di qua come al di là del fiume; inoltre battelli che fanno la spola tra una sponda e l’altra e infine quello di cui i cinesi sembrano andare tanto fieri, vendendone i biglietti in botteghini appositi, ovvero il fantasmagorico Bund Sightseeing Tunnel, talmente futuristico che non si può spiegare: bisogna provarlo!
In sostanza: si sale su un trenino che sfreccia all’interno di un tunnel pieno di luci abbaglianti, raggi laser, effetti stroboscopici, pesci luminosi che nuotano sulle pareti del tunnel a ricordare che ci si trova sott’acqua, il tutto accompagnato da musiche gravi e rumori parossistici, che pare di essere in una pseudo casa della paura nel Luna Park più sfigato del mondo.
Ma in effetti si sta solo passando da una riva all’altra del fiume: tanto vale servirsi di un normale traghetto o arrivarci comodamente in metropolitana, che tanto non si perde niente.
A unire le due parti della città però, un unico filo conduttore: la mania per lo shopping selvaggio evidente nella presenza di innumerevoli mercati, negozi, magazzini, boutique di lusso e immensi centri commerciali, sia cinesi, sia occidentali
Quelli cinesi sono enormi bazar disposti su più piani, suddivisi per articoli e abitati da intere famiglie che ne gestiscono i singoli negozietti. Non è raro infatti vedere bambini giocare e rincorrersi fra gli stand di abiti o adulti mangiare tutti insieme su tavoli rimediati.
Affascinante però immergersi nella realtà di questi centri commerciali più caserecci ma in cui è possibile trovare veramente di tutto, anche l’inimmaginabile.
A patto però di contrattare fino allo sfinimento!
In maniera meno enfatica che nei paesi arabi infatti, l’arte di sparare prezzi triplicati rispetto a quelli veri, qui è universalmente praticata tanto che i venditori si presentano già armati di calcolatrice chiedendo al cliente di dichiarare il suo “Last Price”. Difficile avere un’idea del prezzo reale di un oggetto, ma vale sempre la stessa regola: quando ti lasciano andare via senza rincorrerti vuol dire che si è arrivati al limite oltre il quale non si può scendere…
Sia nei bazar, sia nei centri commerciali, sia soprattutto per le strade inoltre si è costantemente affiancati da personaggi che, sottovoce e aria di cospirazione, chiederanno di cosa abbiamo bisogno: Tshirt? Watches? Handbags? Basta seguirne uno per entrare nel mondo del contraffatto e dei grandi brand a prezzi (quasi) stracciati, casomai non fossero sufficienti tutte le merci esposte.
Lo shopping a Shanghai si effettua in modi talmente vari che è impossibile sottrarsi alla tentazione di fare almeno un acquisto.
Indispensabile munirsi di una guida per andare a colpo sicuro in base a ciò che si sta cercando: esistono centri commerciali dedicati a un unico articolo o mercati specializzati, assolutamente da non perdere.
A fare da contorno a tutto ciò, casomai non se ne avesse ancora abbastanza: fiumane di bancarelle che costeggiano ogni angolo di strada. Mercatini improvvisati, venditori ambulanti presso i quali vale sempre la pena di dare un’occhiata (che magari non si sta cercando niente ma qualcosa si trova sempre!).
Se poi, proprio non se ne può più di saldi e offerte speciali, contrattazioni e battaglie per strappare il prezzo migliore, basta salire in metropolitana e allontanarsi della città per raggiungere la vicina Qibao,
minuscola cittadina fatta di vicoli stretti e un po' affollati
che si intrecciano intorno a un pittoresco canale solcato da imbarcazioni. Preparatevi però anche qui alla presenza di qualche bancarella, soprattutto di cibo.
Ma per ritemprare lo spirito vale la pena fare un salto al Tempio Long Hua,
dove tra marzo e aprile si svolge il più grande e antico raduno della Cina Orientale e i cortili si riempiono…indovinate un po’? di bancarelle!
Al di fuori di questo periodo però, tutt’al più ci si potrà imbattere in una festa popolare con dragoni, sculture di cartapesta e danze tradizionali.
Il capitolo cibo, anche a Shanghai, continua a riservare sorprese enormi:
si mangia anche meglio che a Pechino e il piatto forte, di cui si rischia l’indigestione per quanto sono buoni è rappresentato dai xiaolongbao, ravioli al vapore copiati un po’ dappertutto ma che solo a Shanghai pare vengano preparati secondo la ricetta originale.
Si mangia per la strada come al solito, andando a istinto e puntando il dito a caso su ciò che in quel momento ispira di più.
Oppure comodamente assisi in uno dei tanti locali, dislocati all’interno dei centri commerciali, dopo una sessione si shopping sfiancante.
Qualche indirizzo:
- La catena di Food Republic, dove però prima di gironzolare per i vari stand che propongono cucina tailandese, giapponese, vietnamita, coreana e cinese suddivisa per zone (Sichuan, Hong Kong, Yunnan, Beijing style…) bisogna dotarsi di una carta alla cassa (basta mimarne la forma per averla!!), ricaricarla di almeno 100 yuan e poi ordinare ciò che si vuole semplicemente indicando i piatti esposti. Quello che dei soldi ricaricati non si sarà consumato, verrà restituito alla cassa.
- Crystal Jade, catena di ristoranti presente in vari centri commerciali, dove si mangia benissimo e dove i dim sum sono fatti al momento e la pasta che racchiude i ravioli è un’esperienza mistica assolutamente da provare.
- Ma soprattutto: il ristorante Charme, al 4° piano del centro commerciale Hòngyi Plaza (sulla East Nanjing Road, ovviamente), ristorante taiwanese dove, nonostante il nome, si mangia divinamente a prezzi assolutamente contenuti. La cucina è cinese- fusion, con qualche strizzatina d’occhio all’Italia: ravioli cinesi gratinati con pomodoro e mozzarella; noodles con pesce profumati al pesto, e altri felici connubi di questo tipo. Ma è nel capitolo dolci che darà il meglio di sé, fra tradizione,
innovazione,
ed effetti speciali
Un unico difetto, almeno per le nostre abitudini europee, caratterizza i ristoranti di questa città: tutti, indistintamente chiuderanno alle dieci, sia in giorni infrasettimanali che di sabato e domenica, ma basta ricordarsene e tenerne conto nella pianificazione della giornata.
Cinque giorni totali di permanenza in questa pazza città: a posteriori ne sarebbero bastati anche meno.
Ma come per Las Vegas o per Dubai, il divertimento è assicurato e le luci (al neon) continueranno a brillarvi e scintillarvi negli occhi pure quando li chiuderete per dormire.
Per raggiungere l’aeroporto (internazionale questa volta) ovviamente scegliamo il Maglev, e l’orario in cui raggiunge la velocità massima (tra le 9 e le 12).
Nemmeno il tempo di sederci e siamo arrivati.
Altro aereo, altra corsa, ma questa volta, anche se non sembra, fuori dalla Cina: destinazione Hong Kong.
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Le strade dei miei viaggi
Di corsa, in extremis, a quattro giorni dalla scadenza del termine... questo mese non pensavo di farcela, ma eccomi qua e fra strade americane, sentieri di montagna, percorsi metaforici, ecco le mie tre foto per la rubrica mensile di Monica:
Cina: Grande Muraglia, commozione infinita
Sudafrica: Kruger Park, una nuova sorpresa a ogni curva
Kenya: Tsavo Park, la sue strade di terra rosso fuoco
Con queste tre foto partecipo alla rubrica mensile del blogViaggi e Baci
Cina: Grande Muraglia, commozione infinita
Sudafrica: Kruger Park, una nuova sorpresa a ogni curva
Kenya: Tsavo Park, la sue strade di terra rosso fuoco
Con queste tre foto partecipo alla rubrica mensile del blogViaggi e Baci
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Hong Kong: la macedonia è servita
Atterrare a Hong Kong vuol dire vedere, dall’oblò, il mare avvicinarsi sempre di più e trovarsi quasi involontariamente a mani giunte, pregando che il pilota riesca a individuare, in mezzo all’acqua, quella striscia di terra corrispondente alla pista.
Del resto uno stato formato da 234 isole non può che avere degli aeroporti così: con le piste d’atterraggio praticamente sulla battigia.
Ma contestualmente un aeroporto internazionale che sembra una città (contraddizioni cinesi), per estensione e per struttura: pieno di negozi, ristoranti, bar e perfino locali in cui suonano musica dal vivo.
Per la cronaca (e vista la quantità di isole): si atterra in quella di Lantau, poi in treno si arriva fino a Hong Kong Island.
Hong Kong non è più Cina: cambia la moneta, cambia tutto il sistema politico ed economico.
In uscita da Shanghai ci dirottano verso un gate apposito, ci ritirano il visto per la Repubblica Popolare cinese e ce ne consegnano un altro, meno restrittivo, di 90 giorni anziché solo 30 (gratuito e senza tutte le trafile necessarie ad ottenerlo).
Ricominciamo a sentire parlare inglese, a leggere cartelli stradali e insegne bilingui, a vedere (tanti) visi dai tratti occidentali; la moda sembra molto meno improbabile (scomparse le tremende scarpe di peluche e gli accostamenti di colori e fantasie alla come te viè); in qualche ristorante riappaiono perfino delle forchette e qualche cucchiaio (del coltello, questo sconosciuto, ancora nessuna traccia).
Siamo tentati di pensare di essere quasi tornati in occidente.
Di trovarci in una metropoli in fondo non molto diversa da quelle europee o americane.
Magari solo leggermente più popolata..
Il panorama, quasi quasi sembra quello di New York
Poi però..
Ti trovi a passeggiare nel quartiere di Sheun Wang, a spingerti fino al porto e ti imbatti in una sfilza di negozi “strani”:
boutique di pesce essiccato
grossisti di erbe medicinali e pomate, unguenti e integratori
rivenditori di nidi di uccelli per le zuppe, radici di ginseng e funghi
e poi
bacinelle e bagnarole in cui sguazzano pesci e crostacei vivi (perché qui lo vendono così: altro che cassette con letti di ghiaccio), dove oltre a comprarlo lo si può anche direttamente mangiare, a patto naturalmente di non andare troppo per il sottile e di accontentarsi di un locale abbastanza spartano
ma anche rane (vive, fino al momento di portarsele a casa…), tartarughe, serpentelli di vario genere
(pare che la zuppa di serpente sia il piatto nazionale, ma ci siamo voluti fidare sulla parola)
E mercati alimentari disposti su vari piani, ma solo per stomaci molto forti (vedere spellare una rana mentre si acquista un chilo di frutta non è esattamente nelle nostre abitudini)
Tutto a Hong Kong si sviluppa in altezza
I palazzi
Le strade
Perfino i tram, alti e smilzi, a due piani
Una città in verticale, dove i condomini sono così:
e dove i grattacieli si appoggiano sui fianchi delle montagne e sembrano incombere e oscillare sulla testa di chi li guarda da sotto.
E la luce del sole, fino a terra, arriva molto poco, lasciando le strade costantemente in penombra e soffocate dall’umidità.
A collegare un edificio all’altro, le solite passerelle
Oppure mezzi di trasporto impensabili, come il Central-Midlevels Escalator, una serie di scale mobili all’aperto, in mezzo alla città, lunghe quasi un km (attive in discesa o in salita secondo gli orari di maggiore affluenza…è bene saperlo, se non si vuole faticare!), che collegano Queen’s Road Central a Conduit Road, 135 metri più su.
Ma tutto intorno a questa stipatissima, inquinatissima, caoticissima città, oltre il cemento, dietro i grattacieli, sopra i tetti, c’è lei: la giungla!
Fatta di piante tropicali e alberi dalle foglie gigantesche.
Radici che bucano il cemento e ammantano palazzi
Tanto che non si direbbe, a guardarla da sotto, ma il 70% del territorio di questa città è occupato dal verde.
E forse si può farsene un’idea giusto salendo sul Peak Tram, una vecchia funicolare che trotterella, quasi in orizzontale per via della pendenza, sul ciglio di un baratro facendosi largo fra i grattacieli per raggiungere i 552 metri di altitudine del Victoria Peak.
Suggestivo e indimenticabile.
Ma l’idea la rendono anche posti come l’Hong Kong Park: grattacieli da una parte, giungla dall’altra e una immensa, gigantesca voliera visitabile gratuitamente, in cui passeggiare osservando specie diverse di uccelli tropicali.
Proprio l’isola di King Kong!
In cui anche i templi, in maggioranza taoisti, sono incastrati fra un edificio e l’altro, anonimi edifici in lamiera riconoscibili giusto dal fumo dell’incenso che ne esce,
o da qualche drappo rosso penzolante dai tetti.
Il Man Mo Temple su tutti, questo dall'aspetto un po’ più curato.
E poi, quando finalmente si riesce a uscire dal labirinto metropolitano e ad ampliare lo sguardo, c’è il mare, sebbene anche quello sia affollato: di mercantili, traghetti, vecchie carrette arrugginite, motoscafi della polizia e dei vigili del fuoco.
Ma pur sempre il mare.
E per vedere le cose allontanandosene un po’, basta attraversarlo, con la metro o lo Star Ferry fino a Kowloon, zona della città dove oltre a passeggiare piacevolmente sul lungomare, in quella via dal nome impronunciabile (Tsim Sha Tsui East Promenade) molto simile a un singhiozzo, si ha la possibilità di solcare la gloriosa Avenue of the Stars
(certo solo un pallido riflesso della sua originale cugina americana) e, alle 20 in punto di ogni giorno, dopo aver sgomitato tra la folla oceanica, si può assistere alla Symphony of Lights, spettacolo di luci laser che vengono proiettate a ritmo di musica, dalla cima dei grattacieli…sì, forse i cinesi sono un po’ fissati con questo genere di cose, il laser in particolare.
Se poi non se ne ha ancora abbastanza, si può fare una puntatina al mercato notturno di Temple Street, dove oltre alle bancarelle, ai richiami dei venditori, ai mille localini improvvisati in cui poter mangiare di tutto, pesce (freschissimo, prelevato direttamente dalle bagnarole di cui sopra) in particolare, ci si imbatte in spettacoli improvvisati dell’opera cantonese, indovini (parlanti inglese) e fattucchiere di vario genere.
Ma Hong Kong è questo e molto altro e pone costantemente di fronte a scelte assolutamente contrapposte, offrendo la possibilità di gettarsi nella mischia o ritirarsi nel silenzio.
Guardare il mare o chiudersi in un centro commerciale
In poco meno di un’ora di metropolitana per esempio si può sbarcare sulla vicina isola di Lantau (la stessa in cui sorge il fantasmagorico aeroporto internazionale) e sfuggire al caos, a patto però di recarsi dalla parte giusta e precisamente a Ngong Ping.
Da qui infatti un’ulteriore, complicatissima decisione: immergersi nello shopping selvaggio di un luogo, appena usciti dalla metro, che già nel nome contiene mille promesse (City Outlets), mangiando in uno degli innumerevoli locali delle maggiori catene internazionali, oppure fare pochi passi in più e salire su una funivia che, dopo circa 20 interminabili minuti di percorso a strapiombo sul mare e su abissali gole montuose
(e meno male che non abbiamo preso la cabina col fondo di vetro!) porta in un luogo che più ameno non si potrebbe.
Sulla cima del monte siede una gigantesca statua del Tian Tan Buddha,
che dall’alto dei suoi 26 metri presidia il Monastero di Po Lin,
complesso di templi (molti dei quali ancora in costruzione) immersi nel verde, con aree in cui è possibile perfino fare autonomamente scorta di erbe e bacche per tè e infusi.
Da qui, scaduto il tempo a disposizione, s’impone un’altra scelta: riprendere la metro e tornare all’opzione 1 dandosi finalmente allo shopping e immergendosi anima e corpo nella folla metropolitana, o prendere l’autobus numero 21 e spingersi fino all’antico villaggio di pescatori di Tai’O,
fatto di case su palafitte e facilmente individuabile dall’odore del pesce messo ad essiccare.
Nonostante sia preso d’assalto dai turisti, Tai O è davvero un antico villaggio in cui il tempo sembra essersi fermato. Gli usci delle case sono aperte, ognuno si improvvisa venditore, e sui davanzali sono esposti i prodotti che ognuno ritiene di voler vendere: barattoli di conserve (perlopiù salse di pesce), oppure semplicemente 4-5 lattine diverse di bibite, un paio di bottigliette d’acqua, qualche oggettino fatto a mano.
Gli unici due locali in cui mangiare, spartani e in pieno stile cinese, hanno il menu rigorosamente in ideogrammi.
Ma oltre a passeggiare per il villaggio, fra i venditori di pesce essiccato
e piccoli altarini votivi messi su con quel che c’è,
la vera esperienza mozzafiato è salire su uno dei tanti motoscafi a pagamento, che prima fanno lentamente il giro della costa, fra le palafitte di lamiera, poi improvvisamente accelerano, per arrivare in mare aperto e assistere allo spettacolo dei delfini che saltano sull’acqua.
Un’emozione indescrivibile, che noi i delfini non siamo riusciti a vederli nemmeno in Polinesia, nemmeno al largo di Zanzibar, nemmeno davanti alle coste del Kenya e dove ce li troviamo davanti? A Hong Kong! In questa pazza, incredibile, multisfaccettata realtà di isole che sembrano una macedonia.
Così variegata che a pochi chilometri dal villaggio di pescatori, nella stessa isola di Lantau sorge il quarto parco Disney del mondo,
dove si arriva comodamente con la linea metro dedicata, quella con i finestrini a forma di faccia di topolino.
Così contraddittoria che ha un tasso di inquinamento altissimo eppure nei parchi pubblici è vietato fumare!
Così sfaccettata e bizzarra che oltre a offrire la possibilità di assaggiare stranezze come meduse, zuppe di serpenti e una varietà infinita di pesce essiccato, Hong Kong è rinomata nel mondo per la sua cucina. E da mangiare si può trovare veramente di tutto, sia nei locali più costosi, sia dai rivenditori per la strada.
Due esperienze indimenticabili:
- Crystal Jade La Mian Xiao Long Bao, presso il Two IFC Mall (perchè qui i malls sono talmente labirintici e smisurati che non bastava farli a più piani: hanno ritenuto necessario dividerli anche in due edifici diversi che per trovare un locale bisogna studiare attentamente la piantina e poi…affidarsi all'intuito e sperare nella fortuna!)
Lo riconoscerete dalla fila che vi staziona davanti a ogni ora del giorno. Noi abbiamo provato a mezzogiorno come alle 4 del pomeriggio e abbiamo sempre dovuto aspettare e fare tutta la trafila: un tizio all’entrata consegna un numeretto che verrà visualizzato su uno schermo posto sopra di lui (e per fortuna perché lui i numeri li dirà solo in cinese!!). Ma non è un caso che la gente faccia la fila per mangiarci: i suoi pastries, dal ripieno delicato e l’involucro che si scioglie in bocca,
ma anche gli gnocchi di riso
costituiscono un’esperienza assolutamente da provare. I prezzi non sono proprio economici, e anzi abbastanza alti per gli standard cinesi, ma ne vale veramente la pena
- Honeymoon Dessert, locale in cui servono soltanto dolci, in tutte le versioni, comprese le zuppe. Ma sempre secondo la filosofia cinese dei dolci poco (o per niente) dolci….difatti solo con l'inganno sono riuscita a trascinarci l'amato bene per ben due sere di seguito!
Dicono che Hong Kong acceleri il battito cardiaco: abbiamo constatato che è realmente così.
Ti accende la voglia costante e insaziabile di girare, vedere, scoprire sempre nuove cose. E per farlo non devi nemmeno faticare tanto: basta svoltare un angolo, fare capolino in un mercato, spostarsi di una fermata di metro o arrivare in cima a una salita molto ripida per vedere tutto e il contrario di tutto, in una incredibile, affascinante, indimenticabile macedonia di esperienze.
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StagioniAMO!
Quattro blog, un prodotto di stagione ogni mese, un menu completo dall’antipasto al dolce.
Questi gli ingredienti della nuova rubrica che avrà inizio la prossima settimana, ideata dalla vulcanica
Marzia (Coffee&Matterello)
e supportata dalla felice collaborazione di:
Federica (CaffèBabilonia)
Terry (Crumpets&Co.)
…e me!
La musa ispiratrice sarà la stagionalità dei prodotti, il fine quello di promuoverne conoscenze e vantaggi. Ogni mese verrà scelto un prodotto e a quello sarà dedicato un intero menu, dall’antipasto al dolce (dove sarà possibile), oppure un contorno.
Ognuna di noi curerà una portata, proponendo una ricetta che vedrà protagonista il prodotto prescelto.
Per il mese di maggio la scelta è caduta sulla ZUCCHINA e gli appuntamenti saranno:
19 maggio tutti da me per il secondo e
In un mondo in cui si trova di tutto in tutte le stagioni, è importante e utile fare il punto della situazione e tornare a scoprire e utilizzare solo ciò che la natura realmente offre nella stagione in corso.
I vantaggi più evidenti sono quelli in termini economici (i prodotti stagionali costano meno) ma quelli più importanti riguardano soprattutto la salute, e allora forse vale la pena approfondire la questione.
Insomma, l'argomento era troppo stimolante, il progetto troppo allettante, la carica delle compagne d'avventura troppo coinvolgente, per non decidere di accettare subito con entusiasmo la lusinghiera proposta di prendere parte all’iniziativa.
Così eccoci qua, che l’avventura abbia inizio!
Prendete nota delle date...
Vi aspettiamo!
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Retroscena - Maltagliati alla crema di fave, latte e pecorino
E dopo aver forse un po’ annoiato averli ridotti a peperini, illustrando minuziosamente ogni singola tappa del nostro viaggio, sdoganato post chilometrici (che giusto una manciata di masochisti avranno avuto l'ardire di leggersi fino alla fine), caricato foto su foto e passato ore e ore seduta alla finestra (del pc) sospirando per il tempo che fu, rieccoci alla dura vita quotidiana.
Fatta di treni e corse a ostacoli.
Ginnastica posturale e grane quotidiane.
Ma anche fornelli (era ora!) e weekend passati a ciondolare in pigiama.
Perché sì, in fondo è sempre bello poi tornare a casa.
Specie dopo viaggi che appunto sono viaggi, non certo vacanze.
Dove al massimo dormi 5-6 ore per notte e di giorno scarpini dall’alba al tramonto, nell’ansia di voler vedere tutto e qualche volta facendoci scappare pure qualcosa di non programmato, talmente si è presi dal sacro fuoco, dell'"e quando ci ricapita?".
E a proposito di fuoco, nemmeno la febbre alta mi ha fermata: perché sì, al terzo giorno di smog ero stesa da uno dei miei raffreddori senza scampo, aggravato dal nuovo, stranissimo clima.
Non respiravo e avevo le ossa rotte.
“non mi sento tanto bene: senti un po’ se scotto” ho chiesto una sera all’amato bene.
Lui, distolto dalla lettura della Lonely Planet mi appoggia distrattamente una mano sulla fronte.
“ma non così: si sente con le labbra..come fanno le mamme, no?”
E vado a illustrargli la tecnica scientifica di misurazione della temperatura in uso dai tempi de pora nonna: una mano a cingere la testa, l'altra preposta a scostare eventuali capelli dalla fronte, labbra poggiate con piglio deciso su una tempia o poco più su.
Sbuffando e guardandomi in cagnesco esegue l’ordine e dopo un attimo di finta concentrazione sentenzia: 37.5/38
È il mio momento di riscatto!
Visto che il malessere si presenta già da un paio di sere, vado tutta fiera ad aprire il mio prezioso bagaglio caricato appositamente ed esclusivamente di farmaci e ad estrarne una delle due scatole di antibiotico che mi sono portata dietro sventolandola sotto il naso dello scettico amato bene (visto che è servito?!), che per non darmi (ulteriore) soddisfazione si limita ad alzare un sopracciglio.
Visto, come siamo organizzati? insisto io, sempre più contenta, che a momenti manco della febbre mi importa più.
“sì, te sei portata dietro na farmacia e manco un termometro…proprio organizzati!”
Gasp. Taccio, rimango muta, faccio finta di niente che su questo (ma solo su questo)…ha ragione.
Due giorni dopo, sulla via della guarigione, il fato mi viene incontro porgendomi l’occasione di un ulteriore riscatto.
L’amato bene fatica ad appoggiare il piede a terra: ha il tallone gonfio e dolorante.
Don’t worry! Mi precipito a riprendere la mia borsa di Mary Poppins versione Pronto soccorso e tiro fuori un tubetto di gel all ’arnica e una dose unica di granuli alla 200CH.
Sì, perché mica solo medicina allopatica, mi porto dietro io.
(E se è per quello ci sono pure fiori di bach e oli essenziali, che non si può mai sapere)
I granuli li rifiuta (uomo di poca fede!), allora gli faccio impacchi di gel, non mancando di fargli notare come un’altra volta la presenza di quella borsa da lui tanto contestata si sia rivelata assolutamente fondamentale.
(poi sì, usciamo anche a comprare delle talloniere, cammina zoppo per un paio di giorni ma alla fine, grazie alla borsa delle meraviglie, passa pure quello).
Arrivati a Shangai però la mia efficienza medica viene minata seriamente: sempre il mio aitante e muscoloso consorte si alza dal letto stavolta con una gengiva rossa e dolorante, per la presenza di una pallina fioritale sopra durante la notte.
Vai con l’antibiotico! (ehehehe) Ne ho un’altra scatola!
Ma lui resiste.
No, quale antibiotico?! Dammi un collutorio, piuttosto.
Annaspo.
Oh caspita.
Collutorio?
ehm...non ce l’ho.
Ma poi ragiono: quello non è un farmaco, non può esserci nella mia borsa delle meraviglie.
Tanti impicci e manco un collutorio!
Termometro no, collutorio no…che te sei portata a fa tutta quella roba?
Sottolinea lo zoppicante, variamente abbottato, consorte malaticcio, che non gli pare vero di potermi cogliere in flagrante.
Vaglielo a spiegare che il colluttorio e il termometro si trovano anche in Cina, anche senza parlare cinese.
Il primo al supermercato.
Il secondo mimandolo a gesti nella prima farmacia incontrata.
E così ora ho pure:
un termometro digitale e
un flaconcino di colluttorio
entrambi con spiegazioni rigorosamente in ideogrammi da poter aggiungere al mio bottino da viaggio!
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Ma c'è da fare una premessa.
A me la pasta all’uovo, lasagne a parte, non piace, c’è poco da fare. Sarà perché non amo le uova che fettuccine, tagliatelle e, specialmente i maltagliati, secondo me finiscono per sovrastare anche il più complesso e godurioso dei condimenti.
E sono consapevole, con questo outing, di attirarmi le ingiurie di provette sfogline e amanti del genere.
L’amato bene è uno di questi e ama la pasta all'uovo in maniera viscerale, con una passione insana proprio per i maltagliati, seguiti a ruota dagli spaghetti alla chitarra, gli stessi che io non posso vedere nemmeno da lontano perchè mi paiono un insulto agli spaghetti “veri e propri”.
Per amore però si fa questo ed altro, anche una pasta cremosa che con uno spaghetto di acqua e farina sarebbe andato a nozze, senza incastrarsi e venire assorbita dai fetentoni all’uovo. Buona era buona per carità, ma fossi in voi, per apprezzarla pienamente calerei una mezza chilata di fusilli o pennette rigate…
Io ve l’ho detto!
Ingredienti (per 2)
220 gr di maltagliati
100 gr di speck
Abbondante pecorino romano grattugiato e in scaglie
1 scalogno
Mezo bicchiere di latte
Olio extravergine d’oliva
Sale
Pepe nero
Procedimento
Sbucciare le fave, eliminando anche “l’unghietta” che le tiene attaccate al baccello. La pellicina che le ricopre, se sono ancora tenere non è necessario eliminarla: a me piace, poi è questione di gusti.
In una padella antiaderente far scaldare dell’olio con lo scalogno tritato e lo speck tagliato a striscioline, ma prima che cominci a sfrigolare unire le fave, bagnare con qualche mestolo di acqua calda, salare, pepare e lasciar cuocere per circa un quarto d’ora o finchè non saranno tenere.
Mettere via un paio di mestoli di fave, e unire al resto 2 cucchiai di pecorino, il latte e un goccio di olio, quindi passare tutto al minipimer.
Cuocere i maltagliati in abbondante acqua salata, scolarli al dente, conservando un mestolino di acqua di cottura e metterli nella padella con le fave rimaste. Unire la crema e mantecare il tutto su fuoco molto basso, allungando eventualmente con l’acqua di cottura.
Completare con altro pecorino a scaglie, impiattare e servire con un'altra spolverata di pepe nero.
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Sovvertiamo - Lasagna ai carciofi
I carciofi stanno per finire e io decido di fare una lasagna ai carciofi.
Si riabbassano le temperature e io decido di mettermi finalmente in maniche corte.
Piove e io decido di lavare vetri e grate.
Penso a quanto sia importante dormire di notte e io decido di puntare la sveglia alle quattro per finire di scrivere una cosa.
È la festa della mamma e, senza decidere niente, sono io, eternamente figlia, a ricevere una magnifica pianta che desideravo da tanto tempo.
Il bello e il brutto.
Il buono e il cattivo.
Il positivo e il negativo.
Qualche volta serve sovvertire le regole e guardare le cose da un altro punto di vista.
Se ne scoprono molte altre,
belle e brutte
buone e cattive
positive e negative
….e la giostra continua!
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In extremis, quando i carciofi stanno proprio per finire ed è pure difficile trovarli. Ma mi ero messa in testa di fare questa lasagna prima che finissero del tutto e.. l’ho fatta! Per la festa della mamma, per una cena a 8 in cui ho preso 3 ricette e ricavato la mia versione personale.
Senza mozzarella
Senza burro
Diluendo perfino la besciamella, che troppo cremosa non mi piace.
Senza ulteriori eccessi.
Volevo che si sentissero bene i carciofi, che fossero loro a predominare e allora valeva la regola del “più ce ne sono meglio è”: normalmente ne sarebbero potuti bastare forse anche 10-12, ma considerando che appunto siamo agli sgoccioli, che sono pieni di fieno, che per evitare di masticare bucce bisogna togliere via strati su strati di foglie, ho preferito andare sul sicuro usandone 15.
Certo l’impresa di pulirseli tutti non invoglia, ma il risultato finale ripagherà grandemente di ogni fatica: garantito!
Ingredienti (per una teglia rettangolare 28X20)
1 confezione di pasta sfoglia (io uso Sfogliavelo Rana)
15 carciofi
3 etti di prosciutto cotto di Praga oppure di prosciutto cotto arrosto
3 etti di parmigiano
500 gr di besciamella (io ne ho usata una con il 50% di grassi in meno)
1 limone
2 spicchi d’aglio
Un ciuffo di prezzemolo
Olio extravergine d’oliva
Sale
Pepe
Procedimento
Pulire i carciofi, avendo cura di sfilettarne bene i gambi e privarli della peluria interna, mettendoli a mano a mano in una ciotola d’acqua acidulata con il succo del limone.
Scolarli, tagliarli a pezzetti e metterli in padella con aglio, olio, sale, pepe, prezzemolo e mezzo bicchiere d’acqua. Cuocere coperto su fuoco basso fino a che non saranno teneri. Nel caso dovesse avanzare molto liquido di cottura, lasciarlo da parte per diluire la besciamella.
Mettere da parte un po' meno della metà dei carciofi e frullare i restanti al minipimer.
Diluire la besciamella con il liquido di cottura avanzato dai carciofi o con dell’acqua tiepida per ammorbidirlaun po’ e iniziare a comporre la lasagna:
sporcare la teglia con qualche cucchiaio di besciamella, disporvi sopra le sfoglie all’uovo, e proseguire con la crema di carciofi, le fette di cotto intere, qualche cucchiaiata di carciofi a pezzetti, besciamella e abbondante parmigiano.
Proseguire in questo modo fino a esaurimento degli ingredienti e terminare l’ultimo strato con besciamella e parmigiano. Normalmente prima di infornare si completa con qualche fiocco di burro, io uso l’olio anche in questo caso.
Cuocere in forno caldo a 200° per circa 20-25 minuti, lasciare riposare qualche minuto prima di servire.
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StagioniAmo! Il primo è servito...
...e lo trovate precisamente al Caffè Babilonia, ovvero casa di Federica, che per l'occasione ha scodellato questo invitante piatto di
Fusilli al pesto di zucchine
in omaggio naturalmente alla zucchina, protagonista questo mese della nostra rubrica.
Se per caso vi foste persi l'antipasto, cioè gli sfiziosi
Involtini di zucchine, salmone e stracchino al profumo di erba cipollina,
preparati da Marzia lunedì scorso, basta fare un salto da Coffee&Mattarello
Tutte le ricette, comunque, saranno raggruppate mese per mese, nella pagina dedicata alla rubrica, cliccabile in alto a destra.
Fusilli al pesto di zucchine
in omaggio naturalmente alla zucchina, protagonista questo mese della nostra rubrica.
Se per caso vi foste persi l'antipasto, cioè gli sfiziosi
Involtini di zucchine, salmone e stracchino al profumo di erba cipollina,
preparati da Marzia lunedì scorso, basta fare un salto da Coffee&Mattarello
Tutte le ricette, comunque, saranno raggruppate mese per mese, nella pagina dedicata alla rubrica, cliccabile in alto a destra.
Vi aspetto tutti da me,
lunedì prossimo,
per il secondo!!!
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Attimi di serenità
Corrono dall’ Italia al Marocco, attraversano strade impervie e viaggi faticosi.
Qualche volta bisogna stanarli a forza.
Ogni tanto fanno capolino da dietro un angolo dimenticato.
Spesso rischiano di passare perfino inosservati, presi come siamo a correre e affannarci.
Ma esiste un prezioso filo conduttore a fare da raccordo e mettere insieme tutti gli Attimi di serenità sparsi per le nostre vite, ed è l’appuntamento del venerdì in questa terra lontana e magnifica.
Nelle parole e nelle immagini della splendida persona che la racconta.
E quindi ecco, raccolgo l’invito, anche se sono diverse settimane che vorrei farlo, ma mi sono accorta di quanto sia difficile, nella pratica, fermare attimi di serenità.
Anche questa settimana non è stata facile: pensieri, rogne, insofferenza e frustrazioni varie.
Ma soprattutto corse sfrenate.
Tutto lì?
No, in effetti guardando bene, scavando a fondo, fermandomi un attimo, mi accorgo che ci sono SEMPRE attimi di serenità.
E di solito stanno bene acquattati dietro i fatti eclatanti, i sogni impossibili, i desideri smisurati, le aspirazioni sconfinate.
Si annidano nelle piccole cose, nelle sottigliezze che sfuggono, nei silenzi sempre più rari, nei gesti quasi scontati.
Un appuntamento settimanale che li vede protagonisti potrebbe essere un ottimo allenamento per imparare a riconoscerli!
Questi sono stati i miei:
Svegliarsi nella casetta solitaria e trovare uno spunto per sorridere, che è il buongiorno e l’incoraggiamento personale lasciato da Lui (il peluche si chiama Enjoy!)
Ripristinare l’angoletto estivo del balcone, e sistemarci sopra una rigogliosa piantina, che ormai da 3 anni torna a fiorire ogni primavera
Scoprire nuovi piccolissimi germogli su una pianta grassa che avevo dato per spacciata
Tornare a casa e trovare un piccolo regalo ad attendermi
Per condividere i propri attimi di serenità,
l’appuntamento è ogni venerdì ,nella fattoria di Laura,
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#3 Zucchine farcite di ceci, surimi e curry – StagioniAmo da me!
Una settimana di pasti a base di zucchine.
Per mettere a punto la ricetta da proporre oggi e per provare quelle delle mie compagne d’avventura che l’hanno preceduta.
Io ci sono andata a nozze, s’intenda, che le zucchine le adoro proprio.
Ma le mie, di nozze, le ho messe a serio rischio, considerato quanto poco invece risultino gradite all’amato bene.
Eppure, anche i palati più difficili possono essere educati, puntando sull’aspetto salutistico, cercando di intortare un po’ la situazione, perorando la causa in modo un po’ diverso insomma.
Qua per esempio la zucchina è protagonista assoluta, non solo come contenitore, ma proprio con tutti i sentimenti, attraverso quella polpa mescolata a tutto il resto.
Solo che….non si vede, allora il gioco diventa facile, anche con i mariti più esigenti!
Alla fine gli sono piaciute moltissimo, non so se più per il sapore o per quella loro forma sferica che dice di non aver mai visto prima (nonna mia gli avrebbe chiesto: ma da che scojovieni?).
Ma le varietà delle zucchine in effetti sono proprio tante: Nera di Milano, Bolognese, di Faenza, Fiorentina, Siciliana. Fra le tonde: la Tonda di Piacenza, la Tonda di Nizza, la Tonda di Firenze. Fino ad arrivare alla Baby Round, che è una varietà nana!
E se voleste proprio strafare sappiate che, con qualche accorgimento, potete perfino coltivarla in vaso, sul terrazzo. Certo avrete bisogno di un vaso piuttosto grande, di almeno 40 cm di diametro e altrettanti di profondità.
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(immagine dal web) |
Senza sottovaso, perchè la signorina non ama ristagni di acqua, ma un terriccio fertile e ben drenato, quello sì.
In pratica:
- riempite il vaso con un composto formato da metà terriccio ricco di humus e metà terreno di campo; aggiungete il 20% di sabbia di fiume e il 15% di stallatico terricciato o concime organico biologico (quest’ultimo da aggiungere poi ogni 15-20 giorni per favorire la produzione)
- comprate direttamente le piantine oppure seminate a dimora da fine aprile alla metà di maggio: fare un solo buchetto di 2 cm nel centro del vaso e inserite 3 semi, coprite e innaffiate (poi, se c’è spazio, riseminate dopo un mese per prolungare la stagione di raccolta); quando le piantine saranno spuntate tenete solo la più vigorosa.
- Dategli acqua in abbondanza, tenetela in pieno sole: se ben nutrita è una piantina molto generosa di frutti e anche di fiori!
(queste informazioni sono tratte dal libro “Orto e mangiato”, di Martino Ragusa)
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Zucchine farcite di ceci, surimi e curry
Ingredienti (per quattro persone)
4 zucchine a botte
250 gr di ceci già cotti
8 bastoncini di surimi (circa 200 gr)
1 cucchiaino di curry forte
1 scalogno
1 rametto di rosmarino
1 limone bio (buccia e succo)
Pangrattato
Sale
Semi di sesamo
Olio extravergine d’oliva
Procedimento
Lavare le zucchine, asciugarle e tagliare via la calotta. Svuotarle con l’apposito attrezzo, raccogliendo la polpa in una terrina, e cuocerle a vapore (compresi i “coperchi”) per circa 7-10 minuti al massimo.
Dopodichè scolarle, passarle sotto il getto dell’acqua fredda, e metterle a testa in giù per eliminare
bene tutta l’acqua.
Tritare lo scalogno e metterlo a scaldare con poco olio in una padella antiaderente. Prima che prenda colore unire la polpa delle zucchine tritata grossolanamente, i ceci, il rametto di rosmarino e ½ bicchiere d’acqua.
Salare e cuocere per una decina di minuti.
Dopodichè eliminare il rosmarino e aggiungere il curry. Unire anche il surimi tagliato a rondelle e lasciare insaporire il tutto ancora per qualche secondo.
Quando sarà freddo, aggiungere un po’ di scorza di limone e una spruzzata di succo e passare tutto al minipimer.
Ungere una pirofila con un filo d’olio, passare un foglio di carta assorbente all’interno delle zucchine, salarle, cospargerle di pangrattato.
Unire al composto un po’ di pangrattato per renderlo più corposo, quindi farcire le zucchine e spolverizzare con semi di sesamo.
Rimettere loro “i coperchi”, e passare in forno già caldo, a 180°, per una decina di minuti.
Nota:
Se dovesse avanzare del composto, formare delle polpettine, schiacciarle leggermente, passarle nel pangrattato e cuocerle insieme alle zucchine oppure, velocemente in una padella antiaderente con un filo d’olio, avendo cura di girarle solo quando avranno formato una bella crosticina: pochi minuti e sono pronte…buonissime!!
E ricordatevi che lunedì 26 siamo tutti a casa di Terry, da Crumpets&Co., per il dolce
(ovviamente a base di zucchine!!!)
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Attimi di serenità
Consumare il primo dei tanti pranzi della stagione a base di gelato, ma non di un gelato qualsiasi, proprio quello della gelateria preferita, dove non si capita per caso ma si deve andare per forza, come un regalo che si è deciso di farsi. E prendere sempre gli stessi gusti, fra mille altri, perché con ricotta e pere abbinato a cioccolato extrafondente il confronto non lo regge proprio nessuno...
Tornare bambina fra i bambini e fare le bolle di sapone davanti alla finestra
Poi, gia che ci si trova, passare pure per la fase dell’adolescenza e improvvisare passi di danza che manco Jennifer Beals con tutto il cucuzzaro dell’Accademia di ballo di Pittsburgh avrebbe di che eccepire. Perché in fondo a quasi Due anni
Come a quasi Quarantadue, basta proprio niente per sentirsi sul set di Flashdance, senza manco il bisogno di un pubblico immaginario, che tanto ci si applaude da sole, ebbre di soddisfazione e moti di insensata e quindi autentica felicità.
Per condividere Attimi di serenità,
l'appuntamento è ogni venerdì
da Laura
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Dolcemente StagioniAmo!
E finalmente è arrivato anche il momento dell'attesissimo dolce.
Perchè non ci sono santi: un pranzo deve finire con un dolce, anche piccolo, anche solo un assaggio.
(... i golosi come me ne sanno qualcosa!)
Ma certo non era propriamente facile tirarne fuori uno a base di zucchine.
Terry, di Cumpets&Co.c'è riuscita, e ha sfornato questi blondies golosissimi a degna conclusione della rubrica di maggio.
Per vedere come ha fatto vi basta cliccare qua.
E per il mese di giugno l'ingrediente protagonista saranno i piselli!
Il primo appuntamento è il 3, da Federica per l'antipasto...vi aspettiamo!!
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Non ho l’età – Cake salato ai profumi dell’estate
Il fatto che non se ne sia più parlato, non vuol dire che abbia abbandonato (come sarebbe fin troppo facile pensare) la pratica salutistica della palestra.
Nel novero dei mesi di frequentazione anzi posso vantare di aver saltato giusto quello di aprile e giusto perché c’erano di mezzo il viaggio in Cina, poi Pasqua, poi svariati ponti, che a conti fatti, chi me lo faceva fa.
Questo certo mi rovina un po’ la media, ma a fronte di tutti gli altri giorni di presenza fissa, mi ritengo più che soddisfatta.
L’andazzo è più o meno sempre lo stesso, con la differenza che adesso, dopo tanta pratica assidua posso affermare, se non di padroneggiare, perlomeno di conoscere, più o meno, tutti gli strumenti di tortura attrezzi presenti in quel luogo.
Capire anche come funzionano esattamente sarà un passo successivo, rimandato a data da destinarsi, intanto però credo di averli sperimentati (con più o meno successo) tutti, dal primo all'ultimo.
Tanto che dall’alto della mia nuova esperienza potrei perfino stilare una classifica dei miei preferiti (casomai ce ne fossero), ma non mi soffermerei su questo punto.
Perchè è l’aspetto umano, di socializzazione e condivisione, quello che continua a spingermi a non mollare e a perseverare nell’allenamento matto e disperatissimo.
Le arzille signore con le quali ormai si è instaurato un rapporto che va ben oltre l’ora di fatica, le chiacchiere nello spogliatoio, gli incontri casuali al supermercato e (a parte la fatica di riconoscersi fuori contesto) la gioia conseguente di ritrovarsi anche dopo essersi appena lasciate, un po’ come accadeva alle elementari quando incontravi fuori scuola una compagnetta di classe e, chissà perchè, scattava subito una sconsiderata euforia.
Gli argomenti di scambio sono sempre di più e sempre più vari e spaziano da racconti turistici (perché le signore viaggiano e pure tanto: e se state pensando a gite parrocchiali e fuoriporta mordi e fuggi della domenica pomeriggio siete decisamente fuori strada perchè si parla di Giappone, Namibia, Galapagos e Mongolia, come di acqua fresca), a dissertazioni medico-scientifiche sugli ultimi ritrovati per il mal di testa, alle innumerevoli, personali versioni dei pomodori col riso.
(Tant’è che di quest’ultime ne ho apprese almeno 5 diverse che voglio sperimentare tutte).
Ma è l’aspetto anagrafico che continua a stupirmi, affascinarmi, lasciarmi letteralmente estasiata.
Mercoledì scorso, giorno di mercato, arrivo tardi a lezione.
“Scusate, ma io appena vedo due bancarelle non capisco più niente” tento di giustificarmi
“Ah vero, oggi c’è il mercato. Hai trovato qualcosa di bello?” mi chiede una delle mie amichette incurante dell’istruttore che si è già piazzato e sta giusto aspettando che noi si finisca (con estrema calma) di ciacolar.
“sì tante cose, ma devo guardare meglio, ci tornerò la prossima settimana!”
“Ah e senti, senti, hai visto per caso se ci sono banchi che vendono costumi?”
“sììììì, guarda almeno due!” mi entusiasmo, sempre più incurante del motivo- reale - per il quale saremmo lì, pronta quasi a proporle di andare insieme, non appena chiusa la parentesi allenamento.
“Ma come sono? belli?” incalza la tipa.
“Mah, sai, devi smucinare, per esempio fra tanti improbabili ne ho visto uno intero bellissimo, con la parte superiore in fantasia animalier, ma una cosa delicata, quasi impercettibile”
“Ah bene, allora devo decidermi ad andare pure io, no perché sai in piscina, col cloro mi si rovinano subito, allora non vale la pena spenderci più di tanto. L’anno scorso sono andata avanti con quelli che avevo ma quest’anno devo per forza comprarmene almeno due per poter avere anche il cambio. Il cloro è un macello, guarda: terribile!”
.....Nulla di strano, se non fosse che il dialogo avveniva tra l’87enne di cui in questo post
E me.
Che nemmeno so nuotare.
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Ricetta trovata in un vecchio numero di Alice, ma realizzata con qualche sostanziale modifica.
Ingredienti (per uno stampo da plumcake di 30 cm )
250 gr di farina integrale
3 uova
200 gr di provola
100 gr di pomodori secchi
1 vasetto di yogurt bianco
40 gr di olio extravergine d’oliva
5-6 cucchiai di parmigiano
Una manciata di foglie di basilico
Una manciata di olive nere denocciolate
Una bustina di lievito per torte salate
Pepe
Sale
Procedimento
Tagliare la provola a cubetti, i pomodori a listarelle e le olive a rondelle.
In una ciotola capiente sbattere leggermente le uova con lo yogurt, l’olio e un pizzico di sale e pepe.
Unire il parmigiano, quindi incorporare gradualmente la farina setacciata.
Aggiungere il parmigiano e poi pomodori, olive e provola, più le foglie di basilico spezzettate con le mani.
Da ultimo unire il lievito amalgamando bene e versare il composto in uno stampo da plumcake foderato di carta forno.
Cuocere per circa 45 minuti in forno preriscaldato, a 170°, facendo la prova stecchino prima di sfornare.
Con questa ricetta partecipo al Contest del Blog La cucina di Esme
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Spettacoli e manifestazioni dei miei viaggi
Il Senso dei miei viaggi, la rubrica ideata da Monica di Viaggi&Bacidiventa itinerante!
E per una rubrica che riguarda i viaggi la cosa non è nemmeno tanto strana…
Ogni 20 del mese non più da lei ma, a turno, dai blog che si sono resi disponibili ad aiutarla in questa avventura cui lei non poteva più stare dietro per mancanza di tempo.
Siccome però quello con le 3 foto di viaggio a tema era diventato un appuntamento fisso con un seguito sempre più ampio, l’iniziativa non poteva finire lì.
Ecco perché è stata escogitata questa staffetta che vedrà protagonisti, di volta in volta, i blog ospitanti.
È il turno di Annalisa, che ha scelto appunto il tema degli spettacoli e delle manifestazioni cui si è assistito in viaggio.
Subito mi sono venuti in mente gli Studios a Los Angeles, e tutte le diavolerie condensate in quel parco giochi che è poi un cinema a cielo aperto.
Poi gli spettacoli all’interno e al di fuori di tutti gli alberghi di Las Vegas, che per vederli tutti bisognerebbe dormirci (si fa per dire) almeno una settimana!
Infine ho pensato alle bellissime danze polinesiane, di donne dai capelli lunghissimi, abbigliate con gonne di rafia e corone di tiarè in testa.
Alla fine però la mia scelta è ricaduta su 3 eventi che mi sono rimasti particolarmente impressi perché inaspettati, vissuti del tutto casualmente, per esserci trovati sul posto al momento giusto, senza averlo nemmeno deciso.
La corsa dei cavalli su una spiaggia di Djerba, in Tunisia. Perché già un cavallo che corre è uno spettacolo in sé, se poi lo fa sulla riva del mare è ancora più emozionante.
C’è tempo fino 5 di giugno per scegliere 3 foto e “consegnarle” ad Annalisa
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Attimi di serenità
Assaporare le prime ciliegie della stagione
Schiantare a terra gli orecchini comprati a Pechino e vederne uno fracassato in mille pezzi. Raccoglierli e farglieli trovare sul tavolo, sapendo bene che Lui si metterà lì con amore e pazienza (pur fra i rimproveri per la mia solita sbadataggine...) ad incollarli uno per uno.
...e riavere così indietro il mio ricordo prezioso!
Ammirare le rose del giardino dei miei (e chiedermi come sia possibile che lì crescono direttamente a mazzi)
Festeggiare oggi, un doppio compleanno in famiglia
Schiantare a terra gli orecchini comprati a Pechino e vederne uno fracassato in mille pezzi. Raccoglierli e farglieli trovare sul tavolo, sapendo bene che Lui si metterà lì con amore e pazienza (pur fra i rimproveri per la mia solita sbadataggine...) ad incollarli uno per uno.
...e riavere così indietro il mio ricordo prezioso!
Ammirare le rose del giardino dei miei (e chiedermi come sia possibile che lì crescono direttamente a mazzi)
Festeggiare oggi, un doppio compleanno in famiglia
Per condividere attimi di serenità l'appuntamento è da Laura, ogni venerdì.
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StagioniAmo di giugno
Nuovo mese, nuovo ingrediente, stessa rubrica!
StagioniAmo di giugno vede protagonisti i piselli.
Si riparte dagli Arancini di riso e piselli, l'antipasto, decisamente sfizioso, che ha preparato Federica e che trovate al suo Caffè babilonia
....Si prosegue lunedì prossimo da Marzia con il primo!
StagioniAmo di giugno vede protagonisti i piselli.
Si riparte dagli Arancini di riso e piselli, l'antipasto, decisamente sfizioso, che ha preparato Federica e che trovate al suo Caffè babilonia
....Si prosegue lunedì prossimo da Marzia con il primo!
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Attimi di serenità
Un piatto di pasta semplice, solo olio e parmigiano, gustato in solitudine.
Il profumo della lavanda
Quello del finocchio selvatico
Il mare all’orizzonte
Per l'appuntamento del venerdì, con Laura
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Attimi di serenità
Un caffè con una carissima amica di vecchia data, dei tempi di Berlino (e il servizio di tazzine lo denuncia).
Una maglietta buffa in vetrina (e SI, me la comprerei e ci andrei pure in giro)
Fiori sbocciati
Svegliarsi ancora prima, ritagliarsi un paio d’ore e iniziare la giornata camminando in riva al mare
Per il venerdì da Laura
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#7 Flan di piselli e speck per StagioniAMO di giugno
Siamo abituati a consumarli tutto l’anno: conservati in scatola, ma ancora di più surgelati in busta.
Del resto i piselli sono stati tra i primi ortaggi commercializzati in barattoli di latta e tra i primi a essere coltivati prevalentemente per l’industria conserviera.
Talmente abituati che quando in primavera sui banchi del mercato spuntano i baccelli freschi, stentiamo quasi a collegare le due cose.
A pensare che si tratti proprio di loro!
Il colore è sgargiante, così fresco ed estivo che nelle vellutate, o anche in questa ricetta qua, è quasi un peccato mescolarci quel bianco del latte che lo attenua un po’.
Non si direbbe, ma pare ne esistano oltre 250 varietà, tutti però direttamente discendenti dal progenitore Pisum elatius, che pare fosse molto diverso nella morfologia e si presentasse con semi di colore nerastro.
Poiché hanno una minore concentrazione di amido rispetto agli altri legumi, i piselli risultano più digeribili e freschi e sono addirittura indicati nelle diete ipocaloriche (non quelli secchi però che forniscono un apporto calorico di gran lunga maggiore: 300 kcal ogni 100 gr, in confronto alle 80 di quelli freschi!).
L’ideale sarebbe consumarli appena raccolti e sgranarli proprio all’ultimo, poco prima di cuocerli, questo perchè i piselli sono ricchi di zuccheri, che con il passare delle ore si trasformano in amidi, facendo virare il loro sapore dal dolce al farinoso.
E vale davvero la pena riappropriarsi del loro sapore originario, appiattito ormai da scatole di latta e buste di plastica, così come del gesto di sgranare, sormontato da quello ben più comodo e rapido di sollevare una linguetta o aprire un involucro.
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Ingredienti (per uno stampo di 22 cm di diametro)
500 gr di piselli freschi sgranati (circa 1,3 Kg peso lordo)
100 gr di speck + 3-4 fette per la decorazione
30 gr di parmigiano
1 uovo intero + 1 albume
300 ml di latte (anche a ridotto contenuto di lattosio)
30 gr di fecola
1 fetta di pane integrale
1 scalogno
2 cucchiai di pangrattato
Olioextravergine d’oliva
Sale
Pepe
Procedimento
Tritare lo scalogno e farlo dorare leggermente in una padella con poco olio. Unire i piselli, salare, pepare e coprire con mezzo bicchiere d’acqua tiepida (non di più) facendo cuocere qualche minuto.
Aggiungere lo speck spezzettato
e lasciare insaporire qualche secondo, quindi mettere via un mestolo di piselli, che serviranno per la decorazione finale.
Unire ai piselli rimasti il latte e, a poco a poco, la fecola continuando a mescolare. Portare tutto a ebollizione e proseguire la cottura ancora per qualche minuto fino a ottenere un composto denso.
Togliere dal fuoco e lasciare intiepidire, dopodichè unire il parmigiano, la mollica della fetta di pane, l’uovo intero e l’albume e frullare tutto
Versare il composto un uno stampo a ciambella oliato e cosparso di pangrattato,
quindi sistemarlo in una teglia più grande in cui versare un dito d’acqua. Cuocere dunque a bagnomaria in forno già caldo, a 180° per circa 45 minuti.
Il flan dovrà avere una crosticina leggermente dorata in superficie e aver iniziato a staccarsi dai bordi della teglia.
Una volta sfornato farlo intiepidire, capovolgere il flan su un piatto da portata e servirlo con i piselli rimasti e fette di speck.
Appuntamento lunedì prossimo, 23 giugno,
nella cucina di Terry, da Crumpets&Co.
per il dolce....
ovviamente sempre a base di piselli!
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Per Laura...
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