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Channel: Pizza Fichi e Zighinì
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Flessibilità - Torta cremosa al cocco (senza farina)

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In una vita in cui i viaggi occupano una larga e importante fetta di tempo, soldi ed energie, prima o poi doveva succedere.

Di dover tornare indietro, rientrare urgentemente, o non partire affatto.

E non solo per la pandemia.

Quest’anno, a settembre, siamo stati in bilico fino all’ultimo, ma poi, falsamente confortati da un certo, apparentemente positivo andazzo delle cose, ci siamo risolti a partire.

Per dover decidere – drammaticamente -  di voler tornare indietro il giorno stesso, a nemmeno un paio d’ore dall’arrivo.

Ci abbiamo pensato spesso, a questa eventualità. A tenerci sempre pronti, che con 4 genitori non più giovanissimi, e ognuno con i suoi acciacchi, non si può mai sapere.

A giocarci lo strano scherzo tuttavia è stato il più giovane dei 4, mio padre.

Che, come gli ha annunciato un simpatico cardiochirurgo il giorno stesso della nostra partenza, “ha vinto un intervento a cuore aperto”!

A distanza di 18 anni da quello di mia madre, che per non essere da meno, all’epoca si fece sostituire la valvola aortica.

(Ma quella volta lì non avevamo viaggi in programma. Non così imminenti, almeno. E per la Tunisia siamo partiti un paio di mesi dopo)

Che se uno pensa ai discorsi sull’ereditarietà di certe malattie, la predisposizione genetica e compagnia bella, con un bagaglio del genere ci sarebbe da correre subito a farsi dei controlli, mio fratello ed io.

E insomma, dal momento che Dio li fa e poi li accoppia e che mio padre non voleva assolutamente essere da meno in simili affari di cuore, ha pensato bene di farsi impiantare – urgentemente- ben 4 by-pass coronarici!

Ma la cosa eclatante non è questa. Il fatto è che tutto ciò si è scoperto durante dei normali esami di pre-ospedalizzazione per un banale intervento di rimozione della cistifellea. Un’operazione chirurgica insomma, era comunque prevista, non è che stessimo partendo proprio con l’orizzonte spianato. Ma certo non della stessa entità e comunque, considerando che la lista di attesa era di 30 giorni..mica è detto che lo chiamino proprio mentre sono in viaggio, pensavo ingenuamente.

Non solo l’hanno chiamato: l’hanno chiamato per tutt’altro e nel giro di una manciata di giorni.

Partivamo dunque non sapendo cosa ci aspettasse dietro l’angolo. E mentre sorvolavamo il Partenone, sbarcavamo ad Atene, ritiravamo il bagaglio e anche la macchina a noleggio, diretti come prima tappa al Canale di Corinto, gli eventi decidevano per noi.

Non più cistifellea ma cuore, non più in laparoscopia-tre buchetti e via, ma squarcio totale, non più “un banale intervento” ma roba seria.

5 giorni di tempo.

E così, il nostro viaggio itinerante di 14 giorni lungo il Peloponneso ci si è sgretolato fra le mani, ridotto a una affannosa e travagliata rincorsa ai centralini di mezzo mondo per: cambiare il volo di ritorno, disdire alberghi, ridefinire piani, e poter fare così ritorno il giorno prima dell’operazione!

Per inciso, da quel momento in poi la cistifellea ha cessato di avere importanza per tutti tranne che per la sottoscritta, che, faticando a comprendere (accettare) bene la serietà della faccenda, continuava a chiedere in giro notizie sulla gestione della medesima. Fino a  quando il cardiochirurgo in persona, all’ennesima mia domanda se questa potesse costituire un pericolo o dare qualche problema, si è visto costretto, gentilmente ma fermamente, a dirmi che lui non fa il mago e che comunque, probabilmente, intanto aveva appena salvato la vita a mio padre… questo l’ho compreso io tra le righe guardandolo negli occhi stanchi seguiti a 6 ore di sala operatoria che nulla probabilmente erano in confronto alle mie sfiancanti richieste di rassicurazioni.

Eppure è stato un signore. Non mi ha mandato a quel paese.

Tornando alla Grecia, dopo una giornata di sconcerto e terrore puro, col volo di ritorno già assicurato alla modica cifra di 200 euro in più, ci siamo detti che, non potendo al momento fare molto altro, ci saremmo almeno goduti quei 5 giorni del nostro tanto atteso viaggio. Ma non avevamo fatto i conti con lo sciopero-lampo dei controllori di volo a Fiumicino.

Quattro ore, giusto giusto nella fascia oraria di nostro interesse.

Ed è così che la compagnia aerea ci ha chiamati, il giorno dopo, per decidere subito un’altra soluzione e trovando come unica plausibile quella di anticipare di un altro giorno ancora il rientro.

Non più 5 ma 4 giorni di Grecia. Con quel peso sul cuore e i centralini di mezzo mondo che ormai partecipavano, empaticamente, alla nostra vicenda strappalacrime.

E insomma, tutto il resto è storia: l’operazione è andata bene, la riabilitazione anche, siamo a novembre, di acqua sotto e sopra i ponti ne è passata abbondantemente e via, si ricomincia l’anno.

Grati, eh? Che alla fine sta cistifellea malandata tocca pure ringraziarla, sennò chi mai si sarebbe accorto di come fosse malandato il cuore.

E per la Grecia pazienza. Per quel poco che abbiamo potuto vedere il Peloponneso ci piace. Come per la Namibia è solo rimandato. Incrociando le dita, sperimentando un modo nuovo di viaggiare, che è quello di farsi flessibili e mettere in conto l’assoluta precarietà, nella vita in generale, di ogni tipo di programma.

(per inciso, comunque, negli annali dei nostri viaggi si annovera la medesima ansia, per la medesima operazione alla cistifellea, quella volta riguardante mia madre –sempre per il discorso del dio li fa poi li accoppia-  esattamente quando eravamo in procinto di partire per il Sudafrica. Lì però era andata meglio: la chiamata era avvenuta il giorno stesso del nostro rientro e quindi tutti felici e contenti di poterci essere, con viaggio già alle spalle).

 

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In questa travagliata estate non sono mancati momenti di cucina. Pochi, eh? Fra i quali quelli dedicati a questa torta stupefacente.

Certo, per farla ho dovuto accendere il forno nonostante il caldo, ma visto che ormai siamo alle porte dell’inverno non si pone nemmeno più il problema. Tra l’altro deve riposare in frigo e si gusta fredda. In ogni caso: estate o inverno che sia, come si fa a non voler provare una torta che oltre a essere senza burro (e senza margarina e senza olio), senza uova, senza lievito è anche SENZA FARINA?? Che uno alla fine si chiede: ma dentro che c’è? Beh tutto quello che le serve per essere cremosissima, goduriosa e sorprendentemente buona. La ricetta l’ho presa da lui, apportando solo delle piccole modifiche, ma giusto perché non amo il mascarpone e  perché di bevanda vegetale ne avevo solo un brick da 250 ml ;-)



Ingredienti (per uno stampo tondo da 22 cm o, come nel mio caso, rettangolare da 23x15)

300 250 g bevanda vegetale al cocco

250 g mascarpone  ricotta di pecora

340 g yogurt greco al cocco

120 g fecola di patate

80 g cocco rapè

150 g zucchero

gocce di cioccolato fondente

 

Procedimento

Preriscaldare il forno a 180°. In una ciotola mescolare lo yogurt con la ricotta e lo zucchero. Unire anche la fecola, il cocco e progressivamente il latte sciogliendo ogni eventuale grumo (il composto risulterà piuttosto liquido ma così deve essere!).

Versare tutto nello stampo foderato di carta forno e cuocere per 30-35 minuti facendo la prova stecchino. Se pure questo dovesse uscire ancora leggermente umido spegnere non appena i bordi del dolce cominceranno a dorarsi. Lasciare raffreddare bene prima di consumarlo e conservare in frigorifero.

 



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