Ha compiuto un anno già da un po’.
E in effetti la piccola biblioteca creata…in palestra in tutto questo tempo si è ampliata ed estesa. Arricchita perfino.
Di cose anche inimmaginabili.
All’inizio ci si avvicinava con circospezione, che quel bel foglio decorato e plastificato, elegantemente penzolante dal primo scaffale con tutte le spiegazioni del caso, non sembrava proprio meritevole di lettura.
Un ammennicolo, un vezzo fantasioso di chi ha avuto la bizzarra idea di creare una biblioteca in un luogo riservato perlopiù alla cura del corpo. E dell’estetica.
Cosa c’entrano dunque i libri?
Ma forti della convinzione che un sano allenamento fisico non possa prescindere mai da un altrettanto accurato sollazzo spirituale, noi ci abbiamo creduto!
Le parole erano state scelte con cura, la cornice intorno anche. Il luogo e il modo in cui piazzarlo poi erano stati oggetto di discettazioni vaste e varie.
Sembrava dovesse aprire un mondo, quel foglio lì. Spiegare, presentare questi libri e la nostra idea di diffonderli, condividerli, scambiarli.
Il perché e il percome.
Comprese tre piccolissime regole, tanto per non essere lasciati proprio in balia dell’anarchia totale e tanto per non ritrovarsi con l’intero patrimonio della nazionale di Castro Pretorio riversata su quei tre piccoli, eleganti e delicati scaffali.
Tre semplici regole:
- si può prendere solo un libro alla volta
- se ne può lasciare uno solo a patto di averne preso un altro
- prima di liberare un libro su uno scaffale, farlo presente in segreteria.
Con una nota finale che pareva pure superfluo e ridondante aggiungere: “sono esclusi libri di testo, volumi enciclopedici, dizionario”. (ti pare che a qualcuno possa mai venire in mente di donare a una biblioteca un dizionario di turco-cispadano?)
Insomma, sembrava tutto così bello.
E chiaro soprattutto.
Ad essere chiara in ogni caso è stata da subito una regola non scritta ma tacitamente stabilita: quei libri potevano essere utili anche per le lezioni di posturale. Scelti con cura per altezza secondo l’inclinazione delle vertebre cervicali di ognuno e cambiati all’uopo nell’eventualità auspicata di qualche raddrizzamento.
Del resto, sempre per la testa servono.
Che totalmente oscure continuassero invece a rimanere le parole di quel piccolo foglietto esplicativo ho cominciato a rendermene conto molto presto.
A cominciare dal fiorire autonomo di libri, sui medesimi scaffali, nonostante la raccomandazione di consegnarli in segreteria per poterci apporre un timbro di riconoscimento. Così, tanto per sentirci tutti parte di una stessa famiglia.
Ma vabbè, non è che ci si possa ricordare proprio di tutto - mi dicevo conciliante.
Poi sono iniziati a fioccare i primi manuali: un tomo d’arte di Bonito Oliva in persona e un compendio di storia per la terza media…
Aspettavamo con fiducia il dizionario di cui sopra.
È vero che sono solo 3 regole, ma l’entusiasmo a volte ti fa dimenticare anche quelle - mi raccontavo con convinzione sempre più vacillante.
Ma non avevamo ancora visto tutto. E dopo libretti di cucina estrapolati a collane vere e proprie, opuscoli informativi su erbe spontanee e olii essenziali, copie omaggio di ricettari di Eataly che è-un-peccato-buttare-portiamoli-in-biblioteca, è apparso un… libro di esercizi e verifiche per la quarta elementare.
Ma è stata una lezione di ginnastica posturale con i consueti libri sotto la testa a illuminarci sul reale impatto di quel breve foglio illustrativo della piccola biblioteca.
La lezione è finita, la ragazza davanti a me raccoglie le sue cose e anche il libro che le ha posizionato l’insegnante sotto la testa. Legge il titolo, si illumina di colpo: “Nooo questo è bellissimo! Me lo voglio comprare, anzi: ora ci vado subito!”
“Guarda che puoi prenderlo se vuoi: è della biblioteca dei libri liberi” – suggerisco un po’ sconsolata
Sguardo attonito, un minuto di silenzio.
“Ah sì?”
E subito dopo
“Perché…esiste una biblioteca? Qui in palestra??”
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È sempre il momento giusto per uno strudel. Facilissimo da fare, con la pasta matta, descritta di seguito. Ma se proprio non si vuole faticare basta avere in casa un rotolo di pasta sfoglia e il gioco è fatto. Mele e zucca si sposano a meraviglia, dopodiché: si possono mettere noci o mandorle al posto dei pinoli; gocce di cioccolato al posto dell’uvetta e personalizzarlo secondo i propri gusti.
Ingredienti
Per la pasta
160 gr di farina di farro
70 ml di acqua calda
20 ml di olio extravergine d’oliva
1 pizzico di sale
Per il ripieno
400 gr di mele, della varietà che preferite (2 medie)
200 gr di zucca al netto degli scarti
Succo e scorza di mezzo limone
60 gr di zucchero di canna
40 gr di uvetta
40 gr di pinoli
1 bicchierino di liquore a piacere (Rum, Cointreau, Grappa, Marsala)
1 cucchiaino colmo di cannella
1 cucchiaino di zenzero in polvere
50 gr di pangrattato tostato
Procedimento
Come prima cosa mettere l’uvetta in ammollo nel liquore (ma se non lo si gradisce si può ravvivarla anche semplicemente nell’acqua). Preparare la pasta disponendo la farina in una ciotola. Creare un cratere al centro e versare l’olio e il sale. Aggiungere poco a poco anche l’acqua molto calda e impastare con una forchetta finché non sarà completamente assorbita. Trasferire il composto su un piano e lavorarlo con le mani fino a ottenere un panetto liscio; coprire con un canovaccio e lasciare riposare per circa 30 minuti.
Mettere pochissimo olio in un padellino e tostare il pangrattato (io ho saltato questo passaggio avendo già il pangrattato ottenuto da pane – ai cereali - raffermo tostato in forno e grattugiato).
Sbucciare le mele, tagliarle in quattro parti e successivamente a fettine sottilissime, quindi irrorarle con il succo di limone. Tagliare a fettine sottili anche la zucca. Aggiungere lo zucchero di canna, la cannella, lo zenzero, la scorza del limone, i pinoli e l’uvetta scolata.
Trascorso il tempo di riposo riprendere l’impasto e stenderlo in una sfoglia rettangolare, molto sottile. Distribuire il pangrattato su tutta la superficie lasciando 2 cm di bordo libero (servirà ad assorbire l’eventuale liquido in eccesso della frutta).
Versare sopra il composto di mele e zucca, lasciando sempre i due cm di bordo, quindi chiudere lo strudel. Si hanno due possibilità: arrotolarlo partendo dal lato più lungo, oppure ripiegare i lati verso l’interno e poi chiuderlo a pacchetto congiungendo e sovrapponendo al centro le due metà.
Adagiare lo strudel su una placca ricoperta di carta forno, spennellarlo con un po’ di olio e cuocere in forno già caldo a 180° per circa 50 minuti.
Lasciare raffreddare completamente, e gustare freddo.
A questo punto lo si può cospargere di zucchero a velo, ma qui da noi è bandito ;-)