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Channel: Pizza Fichi e Zighinì
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Previdenza - Melanzane a “Lasciami stare”

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In questa casa amiamo le spezie. 
La foto in fondo al blog è testimonianza di questo amore viscerale e mai pago.
E non le usiamo solo come soprammobili sul muretto divisorio della cucina (che avevamo nella casa vecchia e abbiamo ritrovato – preciso uguale - pure nella nuova, per un fortuito caso del destino), no no: noi ne facciamo pure un gran uso.
Dalla cannella al sommaco, dal coriandolo al pimento passando per la curcuma, i vari pepi di cayenna e le cento sfumature di paprika.
Non sempre felicemente, devo dire: che qualche volta si sbaglia pure. La cannella negli umidi di carne per esempio sta molto bene ma un eccesso di sommaco sull’insalata, per quanto sappia prevalentemente di limone e ci si sposi che è una meraviglia, comporta il rischio di farmi scoprire dall’amato bene al quale generalmente cerco di propinargliele sotto mentite spoglie.
Con discrezione insomma.
Almeno quelle che lui rifiuta a priori (cosa per me inconcepibile e bisognosa di essere curata e risolta).
Poi ci sono le sue preferite, come i semi di anice o proprio l’anice stellato, che metto in torte e biscotti e qualche volta mi sento dire, con le lacrime agli occhi ma l’aria perversamente soddisfatta “ammazza che buoni. Certo, st’anice ti addormenta la lingua”…e vaglielo a  spiegare che ti sei distratta un attimo e nell’impasto ci hai rovesciato mezzo barattolo.
Ma visto che gli piace tanto, tante spiegazioni sono pure superflue.
Oltre che le spezie poi amiamo moltissimo le erbe aromatiche e sopra a tutte lui, l’origano selvatico. Quello che compri a mazzetti nei mercati (del sud) e che quando ti serve (a noi sempre, visto che lo metto indistintamente su pesce, carne, pasta, pomodori, zucchine, bruschette, pizza e se potessi pure su torte e crostate) ne stacchi un rametto e lo sbricioli direttamente sul piatto facendo sprigionare nuvole intense di profumo meraviglioso.
Che poi ti rimane a lungo sulle mani anche dopo che le lavi e quasi ti viene voglia di picchiettarle dietro le orecchie, sui polsi e via, uscire di casa così, altro che Chanel numero 5.
Quindi ecco, oltre a riportarlo noi stessi, per esempio dalla Grecia, chiediamo a chiunque, nella nostra cerchia di conoscenze sia in procinto di partire per il sud Italia e in particolare Sicilia, Calabria, Salento o Basilicata, di riportarcene un mazzetto.
Che sì, per la verità non è proprio solo una richiesta. Facciamo più un pressing, un azione di stalkeraggio, delle vere intimidazioni a non ripresentarsi scrucci, senza aver portato a termine la missione.
Poi, nell’ansia che qualcosa vada storto e la persona incaricata se ne dimentichi o non lo trovi, spargiamo la voce a macchia d’olio, incaricando, nello stesso momento, un numero imprecisato di altri 007.
Statisticamente, almeno uno ci riuscirà.
Ed è così che, allo stato attuale, ci ritroviamo con:
2 mazzetti di origano siciliano
4 mazzetti di origano del Parco nazionale del Pollino
3 mazzetti di origano calabrese
2 mazzetti di origano greco che, per non saper né leggere né scrivere, intanto ci siamo procacciati pure per conto nostro.
Ma la medaglia va a loro, fratello e cognata, che non solo si sono girati la Sicilia in moto sotto un’allegra pioggia battente e senza attrezzatura adeguata perché ma te pare che i primi di settembre in Sicilia piove? . Non solo si sono beccati scrosci d’acqua dal cielo e da terra quando le macchine centravano in pieno pozzanghere al loro fianco ma, smadonnando a rotta di collo, sono dovuti pure andare per mercati, sempre sotto l’acqua, alla ricerca del prezioso bottino da dover riportare.
Che poi fosse stato per me, mi sarebbe andato bene pure un solo mazzetto, pure accartocciato nei bauli laterali della moto inzeppato fra i loro vestiti/scarpe/effetti personali.
Invece me ne sono arrivati ben due di mazzetti.
Perfettamente integri.
Mi amano.

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Già solo per il nome queste melanzane meritavano di essere provate. Le prendi, le sistemi e te le dimentichi sul fuoco: l’ideale! Martino spiega che si tratta di un metodo di cottura, leggero e dietetico in quanto senza soffritto, tipico della cucina siciliana. C’è da dire che io mi sono presa qualche (piccola) libertà rispetto alla sua ricetta: feta greca al posto del primo sale, foglioline di menta oltre al basilico, ma a noi è piaciuto così tanto che lo proverò in tutte le varianti possibili e immaginabili! (gli ingredienti sono per 4, noi l’abbiamo mangiata in due…)
La ricetta originale la trovate qua, questa è la mia:


Ingredienti (per 4 persone)
800 g di melanzane violette
300 g di pomodori a grappolo
2 acciughe sotto sale dissalate (o sarde)
100 g di feta
1 spicchio di aglio
olio extravergine di oliva
basilico
menta
pepe
sale


Procedimento
Mondare e lavare le melanzane e tagliarle a fette piuttosto spesse. Cospargere ogni fetta di sale, lasciare spurgare per un’ora e poi sciacquare bene. Asciugare le fette e tagliarle a strisce di un paio di centimetri di larghezza. Lavare i pomodorini, tagliarli in due, eliminare i semi e poi tritarli grossolanamente. Cospargere il fondo di una padella con un filo di olio e sistemarvi un primo strato di melanzane. Distribuirvi sopra i pomodorini, un po’ di feta sbriciolata, qualche pezzetto di acciuga, un po’ di basilico e un po’ di menta. Pepare e irrorare con un filo di olio. Continuare con un altro strato di melanzane e uno di condimento fino a esaurimento degli ingredienti.
Fra gli strati Martino suggerisce di mettere lo spicchio d’aglio tritato ma io l’ho tagliato a metà e messo in modo da poterlo togliere a fine cottura. Coprire con il coperchio e fare cuocere per dieci minuti a fuoco dolce. Aggiungere acqua calda fino a metà degli strati e continuare la cottura per altri 15-20 minuti.



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