Succede sempre così prima di una partenza.
Che le cose lineari non fanno per me.
C’è l’euforia, certo, ma anche quella sottile vena nostalgica.
C’è l’eccitazione dei bagagli, naturalmente, ma anche l’ansia di scordarsi qualcosa.
C’è la mente già proiettata agli ideogrammi, alle pagode e alle tante ore di aereo, ma anche tutto quello che c’è da sistemare prima di partire.
La frutta sul balcone.
Il frigo.
L’acqua alle piante.
(il cambio di stagione agli armadi lo faccio prima o dopo? E l’hennè ai capelli?)
Ricarica il telefono, attiva la promozione per chiamare dall’estero.
Verifica voli, spostamenti, prenotazioni, documenti, il visto di entrata.
Email di conferma, altre di variazioni voli, ripianifica tutto, fai coincidere tutto.
Luce, gas, corrente elettrica.
Poni un freno ai non meglio specificati disturbi psicosomatici o di varia e vasta natura.
In origine, circa due settimane fa, era il mal di denti.
E tutta la tarantella delle decisioni in merito:
Vado dal dentista?
Non ci vado?
E se poi peggiora?
Ma sì passerà.
Finché, miracolosamente, come è venuto, così è passato.
Che la carie rimane, ma in realtà non fa male.
Era solo ansia…
Quindi è stata la volta di tutti gli annessi e connessi di quella simpatica carogna della colite, che per carità, è compagna fedelissima di tutto l’anno, ma in prossimità di eventi e appuntamenti importanti naturalmente pretende l’esclusiva e reclama attenzioni.
Si fa notare insomma.
E allora via di fermenti lattici e comportamenti alimentari più sani possibile (basta co sti kinder bueno)
Ma anche accurate riflessioni in merito
Mi porto solo i tubetti omeopatici di gocce e dosi uniche?
O infilo in valigia pure una scatola di buscopan?
E il gastroprotettore vogliamo lasciarlo qua?
Metti che devo prendere un oki?
Già che ci siamo mi porto pure una scatola di Imodium che tanto lo so che non lo prenderei mai, ma averlo dà sicurezza.
Infine c’è l’apoteosi dei disturbi reali, tra germi, virus e batteri, da beccarsi giusto giusto un attimo prima di varcare il gate di imbarco.
Beh, lavorare con i bambini di certo non aiuta.
Mal di gola
Raffreddore
Qualche lineetta di febbre.
Suggerimento dell’amato bene al primo starnuto: prendi l’antibiotico!
Per un raffreddore?!
Perché io sono sì quella che parte con un trolley a parte pieno solo di medicine tradizionali e rimedi naturali; garze, cerotti, termometri digitali (che quelli al mercurio sono vietati) e compresse di cloro per depurare l’acqua; cerotti antinausea, pastiglie per il mal d’auto e creme doposole per le scottature pure se deve andare al polo.
Ma sono pure quella che torna con il medesimo trolley intonso, senza aver mai usato niente neppure in caso di necessità.
Perché le medicine mica si usano così, alla leggera.
Basta averle con sé…
Ma con criterio:
Le scatolette nel bagaglio da stiva.
I foglietti illustrativi nello zaino a bordo, che metti che ti perdono la valigia, come gliele chiedi quelle medicine in un paese straniero?
……….
Matta?
Mah, forse un po’, del resto il termine si presta a varie interpretazioni.
Ipocondriaca?
Non più di tanto: parlo parlo, ma poi mi affido al massimo al miele come antibiotico naturale.
La verità è che tutto questo lavorio mentale in realtà non nasconde altro che una grande eccitazione.
Una gioia incontenibile.
Un’emozione che non trova altro modo di sgorgare se non infilandosi in cunicoli angusti e impensabili.
Prendendola molto alla larga.
Imboccando vie tortuose, solcando salite impervie, assumendo volti nuovi.
Un altro viaggio, un altro mondo da scoprire.
L’incapacità di dare tutto questo, anche dopo tanti viaggi, desolatamente per scontato.
E vivere sempre tutto come fosse la prima volta.
Il primo decollo, il primo atterraggio.
Anche dopo 40 anni di vagabondaggi.
Anche se la prima volta è stata a 3 anni.
Qualche senso di colpa, un po’ di malinconia, un velo di ansia.
Che pure per essere felici, signori, di questi tempi ci vuole una gran bella faccia tosta.
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Le dosi sono un po’ a occhio e secondo quello che ci si trova in frigo al momento.
Il pretesto è stato quello di voler provare questa ricettaqua (grazie Fede, a te e alla tua amica di cui ho scoperto il bellissimo blog!);
il vero motivo scatenante una quintalata di broccoletti capati, lessati e consegnati a domicilio da mamma, che dopo averli mangiati semplicemente conditi con olio e limone, ripassati in padella, mischiati al macinato per le polpette, a meno di volerli impiegare come impacchi antirughe, era assolutamente necessario tirar fuori qualche altra idea.
Tra l’altro una frittata al forno non l’avevo mai cotta. Anche perché non è che mi piacciano tanto le uova…ma così conciate potrei perfino iniziare ad amarle..
E questo è quanto.
Ingredienti (per 2)
Un piatto fondo colmo di broccoletti lessati
4 uova
6-7 fettine di prosciutto di montagna
2 cucchiai di pecorino romano
1 spicchio d’aglio
Olio extravergine d’oliva
Peperoncino
Sale
Procedimento
Tagliuzzare grossolanamente i broccoletti e farli saltare in padella con aglio, olio e peperoncino.
Nel frattempo sbattere le uova con poco sale e il pecorino, quindi unirvi il prosciutto tagliato a listerelle e i broccoli. Mescolare bene e rovesciare tutto in una teglia piccola spennellata di olio.
Livellare il composto e cuocere in forno a 190° per una ventina di minuti, o comunque fino a quando la superficie non inizierà a prendere un bel colore dorato.