Di Shanghai mi ero innamorata leggendo un’intervista a Roberto Bolle e restando rapita dalle foto che lo ritraevano intento a eseguire passi di danza dentro una pagoda di legno con panorama su paesaggio bucolico.
Mi ero convinta allora che la città fosse tutta così.
Fatta di legno scuro e di tetti “strani”.
Antiche case da tè e servizi di porcellana cinese.
Atmosfera sospesa e scenario da Memorie di una Geisha, pure se quello era Giappone.
In realtà, il luogo in cui era stato realizzato il servizio fotografico che accompagnava l’intervista era solo il Giardino del Mandarino Yu,
scenografica e imperdibile tappa turistica da visitare passeggiando dentro giardini profumati e attraversando ponticelli che collegano un laghetto all’altro.
Solo un aspetto della città, il più lontano possibile da tutto il resto.
Shangai infatti è, almeno in apparenza, una megalopoli in continuo fermento e in costante evoluzione, che con le idee e i suoi edifici
punta a salire sempre più in alto, ma che allo stesso tempo, sbirciando oltre l’apparenza, si scopre saldamente ancorata alle sue tradizioni.
Quasi in bilico si direbbe.
Della metropoli internazionale e cosmopolita infatti, a parte i grattacieli, ha ben poco.
La sua gente continua a parlare pochissimo l’inglese, anche se nei ristoranti sono lievemente più attrezzati che a Pechino: ai clienti vengono consegnati un foglio di carta con le foto dei piatti e una matita per barrare quello che si intende ordinare….
quando proprio non ci si capisce viene chiamato quello, del gruppo di camerieri, che vanta la conoscenza di una parvenza di lingua straniera e si cerca di comunicare alla meno peggio.
La mentalità dunque è ancora piuttosto provinciale e chiusa.
Poi però la città vanta diversi primati avveniristici tipo la terrazza panoramica più alta del mondo (quella specie di rettangolo in cima in cima al grattacielo), calpestabile al 100° piano dello SWFC (Shànghai World Financial Center),
dal quale tutti gli altri grattacieli sembreranno palazzine di pochi piani
o il Maglev,
treno a levitazione magnetica che collega l’aeroporto alla città, distanti 30 km e che viaggiando alla bellezza di 413 km/h copre tale distanza in circa 7 minuti….
Il vecchio e il nuovo, dunque. Il passato e il futuro.
Questa duplicità è presente nella stessa conformazione della città, divisa in due dal fiume Huàngpu, che la separa anche in due zone diverse: Puxi, a ovest del fiume, dove si estende il Bund,
ovvero la lunghissima (e bellissima) passeggiata lungofiume, e da cui parte il centro turistico per eccellenza,
fulcro di boutique, negozi, ristoranti, locali alla moda e vie commerciali tra le più affollate e sfarzose del paese come la East Nanjing Road,
che sfocia in Piazza Rénmìn; e, al di là del fiume, Pudong, il centro finanziario, l’area moderna, dominata dai grattacieli e da avveniristiche passerelle pedonali rialzate, accessibili da scale mobili, che consentono il transito da un luogo all’altro senza dover attraversare strade o schivare automobili.
Qui affonda saldamente nel terreno i suoi tre giganteschi pilastri, la Oriental Pearl Tower,
torre televisiva che domina lo skyline di Shanghai (cambiando colore a partire dal tramonto
e diventando teatro di mille giochi di luce insieme agli edifici circostanti)
e consente di orientarsi: basta infatti prenderla come punto di riferimento che tanto l’unico luogo da cui non è visibile è nei sotterranei della metropolitana.
A collegare una parte all’altra: svariati tunnel pedonali, altri riservati solo alle macchine, la metro che senza accorgersene ferma al di qua come al di là del fiume; inoltre battelli che fanno la spola tra una sponda e l’altra e infine quello di cui i cinesi sembrano andare tanto fieri, vendendone i biglietti in botteghini appositi, ovvero il fantasmagorico Bund Sightseeing Tunnel, talmente futuristico che non si può spiegare: bisogna provarlo!
In sostanza: si sale su un trenino che sfreccia all’interno di un tunnel pieno di luci abbaglianti, raggi laser, effetti stroboscopici, pesci luminosi che nuotano sulle pareti del tunnel a ricordare che ci si trova sott’acqua, il tutto accompagnato da musiche gravi e rumori parossistici, che pare di essere in una pseudo casa della paura nel Luna Park più sfigato del mondo.
Ma in effetti si sta solo passando da una riva all’altra del fiume: tanto vale servirsi di un normale traghetto o arrivarci comodamente in metropolitana, che tanto non si perde niente.
A unire le due parti della città però, un unico filo conduttore: la mania per lo shopping selvaggio evidente nella presenza di innumerevoli mercati, negozi, magazzini, boutique di lusso e immensi centri commerciali, sia cinesi, sia occidentali
Quelli cinesi sono enormi bazar disposti su più piani, suddivisi per articoli e abitati da intere famiglie che ne gestiscono i singoli negozietti. Non è raro infatti vedere bambini giocare e rincorrersi fra gli stand di abiti o adulti mangiare tutti insieme su tavoli rimediati.
Affascinante però immergersi nella realtà di questi centri commerciali più caserecci ma in cui è possibile trovare veramente di tutto, anche l’inimmaginabile.
A patto però di contrattare fino allo sfinimento!
In maniera meno enfatica che nei paesi arabi infatti, l’arte di sparare prezzi triplicati rispetto a quelli veri, qui è universalmente praticata tanto che i venditori si presentano già armati di calcolatrice chiedendo al cliente di dichiarare il suo “Last Price”. Difficile avere un’idea del prezzo reale di un oggetto, ma vale sempre la stessa regola: quando ti lasciano andare via senza rincorrerti vuol dire che si è arrivati al limite oltre il quale non si può scendere…
Sia nei bazar, sia nei centri commerciali, sia soprattutto per le strade inoltre si è costantemente affiancati da personaggi che, sottovoce e aria di cospirazione, chiederanno di cosa abbiamo bisogno: Tshirt? Watches? Handbags? Basta seguirne uno per entrare nel mondo del contraffatto e dei grandi brand a prezzi (quasi) stracciati, casomai non fossero sufficienti tutte le merci esposte.
Lo shopping a Shanghai si effettua in modi talmente vari che è impossibile sottrarsi alla tentazione di fare almeno un acquisto.
Indispensabile munirsi di una guida per andare a colpo sicuro in base a ciò che si sta cercando: esistono centri commerciali dedicati a un unico articolo o mercati specializzati, assolutamente da non perdere.
A fare da contorno a tutto ciò, casomai non se ne avesse ancora abbastanza: fiumane di bancarelle che costeggiano ogni angolo di strada. Mercatini improvvisati, venditori ambulanti presso i quali vale sempre la pena di dare un’occhiata (che magari non si sta cercando niente ma qualcosa si trova sempre!).
Se poi, proprio non se ne può più di saldi e offerte speciali, contrattazioni e battaglie per strappare il prezzo migliore, basta salire in metropolitana e allontanarsi della città per raggiungere la vicina Qibao,
minuscola cittadina fatta di vicoli stretti e un po' affollati
che si intrecciano intorno a un pittoresco canale solcato da imbarcazioni. Preparatevi però anche qui alla presenza di qualche bancarella, soprattutto di cibo.
Ma per ritemprare lo spirito vale la pena fare un salto al Tempio Long Hua,
dove tra marzo e aprile si svolge il più grande e antico raduno della Cina Orientale e i cortili si riempiono…indovinate un po’? di bancarelle!
Al di fuori di questo periodo però, tutt’al più ci si potrà imbattere in una festa popolare con dragoni, sculture di cartapesta e danze tradizionali.
Il capitolo cibo, anche a Shanghai, continua a riservare sorprese enormi:
si mangia anche meglio che a Pechino e il piatto forte, di cui si rischia l’indigestione per quanto sono buoni è rappresentato dai xiaolongbao, ravioli al vapore copiati un po’ dappertutto ma che solo a Shanghai pare vengano preparati secondo la ricetta originale.
Si mangia per la strada come al solito, andando a istinto e puntando il dito a caso su ciò che in quel momento ispira di più.
Oppure comodamente assisi in uno dei tanti locali, dislocati all’interno dei centri commerciali, dopo una sessione si shopping sfiancante.
Qualche indirizzo:
- La catena di Food Republic, dove però prima di gironzolare per i vari stand che propongono cucina tailandese, giapponese, vietnamita, coreana e cinese suddivisa per zone (Sichuan, Hong Kong, Yunnan, Beijing style…) bisogna dotarsi di una carta alla cassa (basta mimarne la forma per averla!!), ricaricarla di almeno 100 yuan e poi ordinare ciò che si vuole semplicemente indicando i piatti esposti. Quello che dei soldi ricaricati non si sarà consumato, verrà restituito alla cassa.
- Crystal Jade, catena di ristoranti presente in vari centri commerciali, dove si mangia benissimo e dove i dim sum sono fatti al momento e la pasta che racchiude i ravioli è un’esperienza mistica assolutamente da provare.
- Ma soprattutto: il ristorante Charme, al 4° piano del centro commerciale Hòngyi Plaza (sulla East Nanjing Road, ovviamente), ristorante taiwanese dove, nonostante il nome, si mangia divinamente a prezzi assolutamente contenuti. La cucina è cinese- fusion, con qualche strizzatina d’occhio all’Italia: ravioli cinesi gratinati con pomodoro e mozzarella; noodles con pesce profumati al pesto, e altri felici connubi di questo tipo. Ma è nel capitolo dolci che darà il meglio di sé, fra tradizione,
innovazione,
ed effetti speciali
Un unico difetto, almeno per le nostre abitudini europee, caratterizza i ristoranti di questa città: tutti, indistintamente chiuderanno alle dieci, sia in giorni infrasettimanali che di sabato e domenica, ma basta ricordarsene e tenerne conto nella pianificazione della giornata.
Cinque giorni totali di permanenza in questa pazza città: a posteriori ne sarebbero bastati anche meno.
Ma come per Las Vegas o per Dubai, il divertimento è assicurato e le luci (al neon) continueranno a brillarvi e scintillarvi negli occhi pure quando li chiuderete per dormire.
Per raggiungere l’aeroporto (internazionale questa volta) ovviamente scegliamo il Maglev, e l’orario in cui raggiunge la velocità massima (tra le 9 e le 12).
Nemmeno il tempo di sederci e siamo arrivati.
Altro aereo, altra corsa, ma questa volta, anche se non sembra, fuori dalla Cina: destinazione Hong Kong.